Zenobia, Torino, Reale, 1757

 SCENA II
 
 ZENOBIA ed EGLE
 
 ZENOBIA
 Vanne, cercalo, amica,
 guidalo a me. Conoscerai lo sposo
445a' segni ch'io ti diedi. In queste selve
 certamente ei dimora. Infin che torni,
 me asconderà la tua capanna. Io tremo
 d'incontrarmi di nuovo
 con Tiridate; il primo assalto insegna
450il secondo a fuggir.
 EGLE
                                     Degna di scusa
 veramente è chi l'ama. Io mai non vidi
 più amabili sembianze.
 ZENOBIA
                                              Ove il vedesti?
 EGLE
 Poc'anzi in lui m'avvenni. Ei, che a ciascuno
 di te chiede novelle,
455a me pur ne richiese.
 ZENOBIA
                                          E tu?
 EGLE
                                                       Rimasi
 stupida ad ammirarlo. I dolci sguardi,
 la favella gentil...
 ZENOBIA
                                  Questo io non chiedo,
 Egle, da te; non risvegliar con tante
 insidiose lodi
460la guerra nel mio cor. Dimmi se a lui
 scopristi la mia sorte.
 EGLE
                                          Il tuo divieto
 mi rammentai; nulla gli dissi.
 ZENOBIA
                                                         Or vanne,
 torna a me col mio sposo; e cauta osserva,
 se Tiridate incontri,
465la legge di tacer.
 EGLE
                                 Volendo ancora,
 tradirti non potrei;
 son muti a lui vicino i labbri miei.
 
    Ha negli occhi un tale incanto,
 che a quest'alma affatto è nuovo,
470che se accanto a lui mi trovo,
 non ardisco favellar.
 
    Ei dimanda, io non rispondo;
 m'arrossisco, mi confondo;
 parlar credo e poi m'avvedo
475che comincio a sospirar. (Parte)