Siroe re di Persia, Roma, Leone, 1727

 SCENA PRIMA
 
  Gran tempio dedicato al Sole con ara e simulacro del medesimo.
 
 COSROE, SIROE e MEDARSE
 
 COSROE
 Figli, di voi non meno
 che del regno io son padre; io deggio a voi
 la tenerezza mia ma deggio al regno
 un successore in cui
5della real mia sede
 riconosca la Persia un degno erede.
 Oggi un di voi sia scelto e quello io voglio
 che meco il soglio ascenda
 e meco il freno a regolarne apprenda.
10Felice me se pria
 che m'aggravi le luci il sonno estremo
 potrò veder sì glorioso il figlio
 che in pace o fra le squadre
 giunga la gloria ad oscurar del padre.
 MEDARSE
15Tutta dal tuo volere
 la mia sorte dipende.
 SIROE
                                          E in qual di noi
 il più degno ritrovi?
 COSROE
                                        Eguale è il merto.
 Amo in Siroe il valore,
 la modestia in Medarse.
20In te l'animo altero, (A Siroe)
 la giovanile etade in lui mi spiace.
 Ma i difetti d'entrambi il tempo e l'uso
 a poco a poco emenderà. Fra tanto
 temo che a nuovi sdegni
25la mia scelta fra voi gli animi accenda.
 Ecco l'ara, ecco il nume,
 giuri ciascun di tolerarla in pace
 e giuri al nuovo erede
 serbar senza lagnarsi ossequio e fede.
 SIROE
30(Che giuri il labro mio!
 Ah no).
 MEDARSE
                 Pronto ubbidisco. (Il re son io).
 «A te nume fecondo
 cui tutti deve i pregi suoi natura
 s'offre Medarse e giura
35porgere al nuovo rege il primo omaggio.
 Il tuo benigno raggio,
 s'io non adempio il giuramento intero,
 splenda sempre per me torbido e nero».
 COSROE
 Amato figlio, al nume
40Siroe t'accosta e dal minor germano
 ubbidienza impara.
 MEDARSE
                                       Ei pensa e tace.
 COSROE
 Deh perché la mia pace
 ancor non assicuri?
 Perché tardi? Che pensi?
 SIROE
                                                 E vuoi ch'io giuri!
45Questa ingiusta dubbiezza
 abbastanza m'offende. E quali sono
 i vanti onde Medarse aspiri al trono!
 Tu sai, padre, tu sai
 di quanto lo prevenne il nascer mio.
50Era avvezzo il mio cuore
 già gl'insulti a soffrir d'empia fortuna,
 quando udì il genitore
 i suoi primi vagiti entro la cuna.
 Tu sai di quante spoglie
55Siroe finora i tuoi trionfi accrebbe.
 Sai tu quante ferite
 mi costi la tua gloria. Io sotto il peso
 gemea della lorica in faccia a morte
 fral sangue ed il sudore ed egli intanto
60traeva in ozio imbelle
 tra gli amplessi paterni i giorni oscuri.
 Padre sai tutto questo e vuoi ch'io giuri?
 COSROE
 So ancor di più. Fin del nemico Asbite
 so ch'Emira la figlia
65amasti a mio dispetto e mi rammento
 ch'io sospirar ti vidi
 nel dì ch'io tolsi a lui la vita e 'l regno,
 odio allor mi giurasti.
 E s'Emira vivesse,
70chi sa fin dove il tuo furor giungesse.
 SIROE
 Appaga pure, appaga
 quel cieco amor che a me ti rende ingiusto.
 Sconvolgi per Medarse
 gli ordini di natura. Il vegga in trono
75dettar leggi la Persia; e me fra tanto
 confuso tra la plebe
 de' popoli vassalli
 imprimer vegga in su l'imbelle mano
 baci servili al mio minor germano.
80Chi sa? Vegliano i numi
 in aiuto agli oppressi. Egli è secondo
 d'anni e di merti e ci conosce il mondo.
 COSROE
 Infino alle minacce
 temerario t'inoltri? Io voglio...
 MEDARSE
                                                         Ah padre
85non ti sdegnar, a lui concedi il trono,
 basta a me l'amor tuo.
 COSROE
                                           No, per sua pena
 voglio che in questo dì suo re t'adori,
 voglio oppresso il suo fasto e veder voglio
 qual mondo s'armi a sollevarlo al soglio.
 
90   Se il mio paterno amore
 sdegna il tuo cuore altero,
 più giudice severo
 che padre a te sarò.
 
    E l'empia fellonia
95che forse volgi in mente
 prima che adulta sia
 nascente opprimerò. (Parte)