Siroe re di Persia, Roma, Leone, 1727

 SCENA VII
 
 LAODICE, poi MEDARSE
 
 LAODICE
 E tolerar potrei
285così acerbo disprezzo!
 MEDARSE
 Sventurata Laodice
 quanto mi fai pietà, Siroe è un ingrato.
 LAODICE
 (Oh dio tutto ascoltò). Che parli o prence?
 MEDARSE
 Eh non celarti a me, ti sono amico
290e del germano altero
 l'ingiustizia detesto. Una donzella
 leggiadra qual tu sei,
 che mill'alme innamora,
 importuna chiamar perché l'adora!
295Tanto non soffrirebbe
 la più deforme e vile
 femina della Persia.
 LAODICE
                                       Ed io lo soffro
 né posso vendicarmi.
 MEDARSE
                                          A Siroe giova
 la tua semplicità; ma tu potresti
300umiliar quel superbo
 fino a chieder pietà.
 LAODICE
                                        Come?
 MEDARSE
                                                        Dovresti
 Cosroe irritar contro di lui, fingendo
 che Siroe ad onta sua ti chiede amore.
 Dovresti oprar che Arasse il tuo germano
305gli nieghi ogni sostegno e far ch'ei resti
 da tutti abandonato, allor vedrai
 mendicar quell'ingrato il tuo favore.
 LAODICE
 È ver, così l'audace
 supplice a me verrà.
 MEDARSE
                                        Ma giunge Arasse.
310Ricordati...
 LAODICE
                        Non più, so come io deggio
 vendicar i miei torti.
 MEDARSE
                                         (In questo sdegno
 veggo un nuovo soccorso al mio disegno). (Parte)