Antigono, Torino, Reale, 1757

 SCENA IX
 
  Spaziose logge reali, donde si scoprono la vasta campagna ed il porto di Tessalonica, quella ricoperta da’ confusi avanzi d’un campo distrutto e questo dai resti ancor fumanti delle incendiate navi d’Epiro.
 
 ANTIGONO e DEMETRIO
 
 ANTIGONO
 Dunque nascesti, ingrato,
 per mia sventura? Il più crudel nemico
665dunque ho nutrito in te? Bella mercede
 di tante mie paterne cure e tanti
 palpiti che mi costi. Io non pensai
 che di me stesso a render te maggiore;
 non pensi tu che a lacerarmi il core.
 DEMETRIO
670Ma credei...
 ANTIGONO
                         Che credesti? Ad Alessandro
 con quale autorità gli affetti altrui
 ardisti offrir? Chi t'insegnò la fede
 a sedur d'una sposa
 e a favor del nemico?
 DEMETRIO
                                          Il tuo periglio...
 ANTIGONO
675Io de' perigli miei
 voglio solo il pensiero. A te non lice
 di giudicar qual sia
 il mio rischio maggior.
 DEMETRIO
                                            Se di te stesso,
 signor, cura non prendi, abbila almeno
680di tanti tuoi fidi vassalli. Un padre
 lor conserva ed un re. Se tanto bene
 non vuol congiunto il ciel, renda felice
 l'Epiro Berenice,
 tu Macedonia. È gran compenso a questa
685del ben che perderà quel che le resta.
 ANTIGONO
 Generoso consiglio,
 degno del tuo gran cor! (Vuol partire)
 DEMETRIO
                                              Degno d'un figlio (Seguitandolo)
 che forse...
 ANTIGONO
                       I passi miei
 guardati di seguir.