Antigono, Torino, Reale, 1757

 SCENA II
 
 ISMENE, poi DEMETRIO in abito di soldato d’Epiro
 
 ISMENE
 Or che farò? Se affretto
 Agenore all'assalto, è d'Alessandro
 vittima il padre; e se ubbidir ricuso,
825lo sarà di sé stesso. Onde consiglio
 in tal dubbio sperar?
 DEMETRIO
                                         Lode agli dei, (Senza vedere Ismene)
 ho la metà dell'opra.
 ISMENE
                                        Ah dove ardisci,
 german...
 DEMETRIO
                     T'accheta, Ismene. In queste spoglie
 un de' custodi io son creduto.
 ISMENE
                                                        E vuoi...
 DEMETRIO
830Cambiar veste col padre,
 far ch'ei si salvi e rimaner per lui.
 ISMENE
 Fermati. Oh generosa
 ma inutile pietà!
 DEMETRIO
                                  Perché? Di questo
 orrido loco al limitare accanto
835ha il suo nascosto ingresso
 la sotterranea via che al mar conduce.
 Esca Antigono quindi e in un momento
 nel suo campo sarà.
 ISMENE
                                       Racchiuso, oh dio!
 Antigono è colà. Né quelle porte
840senza la regia impronta
 v'è speranza d'aprir.
 DEMETRIO
                                        Che! Giunto invano
 fin qui sarei?
 ISMENE
                            Né il più crudele è questo
 de' miei terrori. Antigono ricusa
 furibondo ogni patto; odia la vita;
845ed ha seco un velen.
 DEMETRIO
                                       Come! A momenti
 dunque potrebbe... Ah s'impedisca. Or tempo
 è d'assistermi, o numi. (In atto di snudar la spada e partire)
 ISMENE
                                              Aimè! Che speri?
 DEMETRIO
 Costringere i custodi
 quelle porte ad aprir. (Come sopra)
 ISMENE
                                           T'arresta. Affretti
850così del padre il fato.
 DEMETRIO
                                         È ver. Ma intanto
 se il padre mai... Misero padre! Addio;
 soccorrerlo convien. (Risoluto)
 ISMENE
                                        Ma qual consiglio...
 DEMETRIO
 Tutto oserò. Son disperato e figlio. (Parte)
 ISMENE
 Funesto ad Alessandro
855quell'impeto esser può. Che! Per l'ingrato
 già palpiti, o cor mio?
 Ah per quanti a tremar nata son io!
 
    Che pretendi, amor tiranno?
 A più barbari martiri
860tutti or deggio i miei sospiri;
 non ne resta un sol per te.
 
    Non parlar d'un incostante;
 or son figlia e non amante;
 e non merita il mio affanno
865chi pietà non ha di me. (Parte)