Antigono, Torino, Reale, 1757

 SCENA IX
 
 ISMENE e detti
 
 ISMENE
                                                       È tarda,
 padre, già la pietà. Già più non vive
1095il misero german.
 ANTIGONO
                                    Che dici?
 BERENICE
                                                        Io moro.
 ISMENE
 Pallido su l'ingresso or l'incontrai
 del giardino reale. «Addio» mi disse
 «per sempre, Ismene. Un cor dovuto al padre
 scellerato io rapii; ma questo acciaro
1100mi punirà». Così dicendo, il ferro
 snudò, fuggì. Dove il giardin s'imbosca
 corse a compir l'atroce impresa; ed io
 l'ultimo, oh dio! funesto grido intesi;
 né accorrer vi potei.
1105Tanto oppresse il terrore i sensi miei!
 ALESSANDRO
 Chi pianger non dovria?
 ANTIGONO
 Dunque per colpa mia cadde trafitto
 un figlio a cui degg'io
 quest'aure che respiro? Un figlio in cui
1110la fé prevalse al mio rigor tiranno?
 Un figlio... Ah che diranno
 i posteri di te? Come potrai
 l'idea del fallo tuo, gli altri e te stesso,
 Antigono, soffrir? Mori; quel figlio
1115col proprio sangue il tuo dover t'addita. (Vuole uccidersi)