Attilio Regolo, Friedrichstadt, Harpeter, 1750

 SCENA PRIMA
 
 Sala terrena corrispondente a’ giardini.
 
 REGOLO, guardie africane e poi MANLIO
 
 REGOLO
905Ma che si fa? Non seppe
 forse ancor del Senato
 Amilcare il voler? Dov'è? Si trovi;
 partir convien. Qui che sperar per lui,
 per me non v'è più che bramar. Diventa
910colpa ad entrambi or la dimora. Ah vieni,
 vieni amico al mio seno. Era in periglio
 senza te la mia gloria; i ceppi miei
 per te conservo; a te si deve il frutto
 della mia schiavitù.
 MANLIO
                                       Sì; ma tu parti.
915Sì; ma noi ti perdiam.
 REGOLO
                                            Mi perdereste
 s'io non partissi.
 MANLIO
                                 Ah! Perché mai sì tardi
 incomincio ad amarti? Altri finora,
 Regolo, non avesti
 pegni dell'amor mio, se non funesti.
 REGOLO
920Pretenderne maggiori
 da un vero amico io non potea; ma pure
 se il generoso Manlio altri vuol darne,
 altri ne chiederò.
 MANLIO
                                  Parla.
 REGOLO
                                               Compito
 ogni dover di cittadino, alfine
925mi sovvien che son padre. Io lascio in Roma
 due figli, il sai, Publio ed Attilia; e questi
 son del mio cor, dopo la patria, il primo,
 il più tenero affetto. In lor traluce
 indole non volgar; ma sono ancora
930piante immature e di cultor prudente
 abbisognano entrambi. Il ciel non volle
 che l'opera io compissi. Ah tu ne prendi
 per me pietosa cura;
 tu di lor con usura
935la perdita compensa; al tuo bel core
 debbano e a' tuoi consigli
 la gloria il padre e l'assistenza i figli.
 MANLIO
 Sì tel prometto. I preziosi germi
 custodirò geloso. Avranno un padre,
940se non degno così, tenero almeno
 al par di te. Della virtù romana
 io lor le tracce additerò. Né molto
 sudor mi costerà. Basta a quell'alme,
 di bel desio già per natura accese,
945l'istoria udir delle paterne imprese.
 REGOLO
 Or sì più non mi resta...