Siroe re di Persia, Roma, Leone, 1727

 SCENA VIII
 
 Appartamenti terreni corrispondenti a’ giardini con sedie.
 
 SIROE senza spada e ARASSE
 
 ARASSE
 Chi ricusa un'aita
885giustifica il rigor de la sua sorte.
 Disperato e non forte
 prence ti mostri allor che in me condanni
 un zelo che fomenta
 del popolo il favor per tuo riparo.
 SIROE
890L'ira del fato avaro
 tolerando si vince.
 ARASSE
                                    Al merto amica
 rade volte è fortuna e prende a sdegno
 chi meno a lei che alla virtù si affida.
 SIROE
 L'alma che in me s'annida
895più che felice e rea
 misera ed innocente esser desia.
 ARASSE
 Un'innocenza oblia
 che avria nome di colpa. Il volgo suole
 giudicar dagli eventi e sempre crede
900colpevole colui che resta oppresso.
 SIROE
 Mi basta di morir noto a me stesso.
 ARASSE
 Ad onta ancor di questa
 rigorosa virtù sarà mia cura
 toglierti all'ira dell'ingiusto padre.
905Il popolo e le squadre
 solleverò per così giusta impresa.
 SIROE
 Ma questo è tradimento
 e non difesa.
 ARASSE
                           Ingrato.
 
    Mi chiami traditore!
910E pur vedi il mio core,
 e pur ben sai qual è.
 
    Ti voglio vendicato;
 quando sarai sul trono
 dirai che fido io sono
915perché mancai di fé. (Parte)