Attilio Regolo, Torino, Reale, 1757

 SCENA ULTIMA
 
 REGOLO e seco tutti
 
 REGOLO
 Regolo resti! Ed io l'ascolto! Ed io
 creder deggio a me stesso! Una perfidia
 si vuol? Si vuole in Roma?
 Si vuol da me? Quai popoli or produce
1220questo terren? Sì vergognosi voti
 chi formò? Chi nudrilli?
 Dove sono i nepoti
 de' Bruti, de' Fabrizi e de' Camilli?
 Regolo resti! Ah per qual colpa e quando
1225meritai l'odio vostro?
 LICINIO
                                          È il nostro amore,
 signor, quel che pretende
 franger le tue catene.
 REGOLO
                                         E senza queste
 Regolo che sarà? Queste mi fanno
 de' posteri l'esempio,
1230il rossor de' nemici,
 lo splendor della patria. E più non sono,
 se di queste mi privo,
 che uno schiavo spergiuro e fuggitivo.
 LICINIO
 A perfidi giurasti;
1235giurasti in ceppi; e gli auguri...
 REGOLO
                                                           Eh lasciamo
 all'Arabo ed al Moro
 questi d'infedeltà pretesti indegni.
 Roma a' mortali a serbar fede insegni.
 LICINIO
 Ma che sarà di Roma,
1240se perde il padre suo?
 REGOLO
                                           Roma rammenti
 che il suo padre è mortal, che alfin vacilla
 anch'ei sotto l'acciar, che sente alfine
 anch'ei le vene inaridir, che ormai
 non può versar per lei
1245né sangue né sudor, che non gli resta
 che finir da romano. Ah m'apre il cielo
 una splendida via; de' giorni miei
 posso l'annoso stame
 troncar con lode; e mi volete infame!
1250No; possibil non è. De' miei Romani
 conosco il cor. Da Regolo diverso
 pensar non può chi respirò nascendo
 l'aure del Campidoglio. Ognun di voi
 so che nel cor m'applaude;
1255so che m'invidia, e che fra' moti ancora
 di quel che l'ingannò tenero eccesso,
 fa voti al ciel di poter far l'istesso.
 Ah non più debolezza. A terra, a terra
 quell'armi inopportune; al mio trionfo
1260più non tardate il corso,
 o amici, o figli, o cittadini. Amico
 favor da voi domando;
 esorto cittadin; padre comando.
 ATTILIA
 (Oh dio! Ciascun già l'ubbidisce).
 PUBLIO
                                                                (Oh dio!
1265Ecco ogni destra inerme).
 LICINIO
 Ecco sgombro il sentier.
 REGOLO
                                              Grazie vi rendo,
 propizi dei. Libero è il passo. Ascendi,
 Amilcare, alle navi;
 io sieguo i passi tui.
 AMILCARE
1270(Alfin comincio ad invidiar costui). (Sale su la nave)
 REGOLO
 Romani, addio. Siano i congedi estremi
 degni di noi. Lode agli dei, vi lascio
 e vi lascio romani. Ah conservate
 illibato il gran nome; e voi sarete
1275gli arbitri della terra; e il mondo intero
 roman diventerà. Numi custodi
 di quest'almo terren, dee protettrici
 della stirpe d'Enea, confido a voi
 questo popol d'eroi; sian vostra cura
1280questo suol, questi tetti e queste mura.
 Fate che sempre in esse
 la costanza, la fé, la gloria alberghi,
 la giustizia, il valore. E se giammai
 minaccia al Campidoglio
1285alcun astro maligno influssi rei,
 ecco Regolo, o dei. Regolo solo
 sia la vittima vostra e si consumi
 tutta l'ira del ciel sul capo mio
 ma Roma illesa... Ah qui si piange! Addio.
 CORO DI ROMANI
 
1290   Onor di questa sponda,
 padre di Roma, addio;
 degli anni e dell'obblio
 noi trionfiam per te.
 
    Ma troppo costa il vanto;
1295Roma ti perde intanto;
 ed ogni età feconda
 di Regoli non è.
 
 IL FINE