Attilio Regolo, Parigi, Hérissant, 1781

 SCENA VII
 
  Parte interna del tempio di Bellona; sedili per li senatori romani e per gli oratori stranieri. Littori che custodiscono diversi ingressi del tempio, da’ quali veduta del Campidoglio e del Tevere.
 
 MANLIO, PUBLIO e senatori; indi REGOLO ed AMILCARE. Seguito d’africani e popolo fuori del tempio
 
 MANLIO
 Venga Regolo e venga
 l'africano orator. Dunque i nemici
240braman la pace? (A Publio)
 PUBLIO
                                  O de' cattivi almeno
 vogliono il cambio. A Regolo han commesso
 d'ottenerlo da voi. Se nulla ottiene,
 a pagar col suo sangue
 il rifiuto di Roma egli a Cartago
245è costretto a tornar. Giurollo e vide
 pria di partir del minacciato scempio
 i funesti apparecchi. Ah! Non sia vero
 che a sì barbare pene
 un tanto cittadin...
 MANLIO
                                     T'accheta; ei viene. (Il console, Publio e tutti i senatori vanno a sedere e rimane vuoto accanto al console il luogo altre volte occupato da Regolo. Passano Regolo ed Amilcare fra’ littori, i quali lasciato ad essi aperto il varco, tornano subito a chiudersi. Regolo entrato appena nel tempio s’arresta pensando)
 AMILCARE
250(Regolo, a che t'arresti? È forse nuovo
 per te questo soggiorno?)
 REGOLO
 (Penso qual ne partii, qual vi ritorno).
 AMILCARE
 Di Cartago il Senato, (Al console)
 bramoso di depor l'armi temute,
255al Senato di Roma invia salute.
 E, se Roma desia
 anche pace da lui, pace gl'invia.
 MANLIO
 Siedi ed esponi. (Amilcare siede) E tu l'antica sede,
 Regolo, vieni ad occupar.
 REGOLO
                                                Ma questi
260chi sono?
 MANLIO
                     I padri.
 REGOLO
                                      E tu chi sei?
 MANLIO
                                                               Conosci
 il console sì poco?
 REGOLO
 E fra il console e i padri un servo ha loco?
 MANLIO
 No; ma Roma si scorda
 il rigor di sue leggi
265per te cui dee cento conquiste e cento.
 REGOLO
 Se Roma se ne scorda, io gliel rammento.
 MANLIO
 (Più rigida virtù chi vide mai?)
 PUBLIO
 Né Publio sederà. (Sorge)
 REGOLO
                                    Publio, che fai?
 PUBLIO
 Compisco il mio dover; sorger degg'io
270dove il padre non siede.
 REGOLO
                                              Ah tanto in Roma
 son cambiati i costumi! Il rammentarsi
 fra le pubbliche cure
 d'un privato dover, pria che tragitto
 in Africa io facessi, era delitto.
 PUBLIO
275Ma...
 REGOLO
             Siedi, Publio; e ad occupar quel loco
 più degnamente attendi.
 PUBLIO
                                                Il mio rispetto
 innanzi al padre è naturale istinto.
 REGOLO
 Il tuo padre morì, quando fu vinto.
 MANLIO
 Parla, Amilcare, ormai. (Publio siede)
 AMILCARE
                                              Cartago elesse
280Regolo a farvi noto il suo desio.
 Ciò ch'ei dirà dice Cartago ed io.
 MANLIO
 Dunque Regolo parli.
 AMILCARE
                                          Or ti rammenta (Piano a Regolo)
 che, se nulla otterrai,
 giurasti...
 REGOLO
                     Io compirò quanto giurai. (Pensa)
 MANLIO
285(Di lui si tratta; oh come
 parlar saprà!)
 PUBLIO
                             (Numi di Roma, ah voi
 inspirate eloquenza a' labbri suoi!)
 REGOLO
 La nemica Cartago,
 a patto che sia suo quant'or possiede,
290pace, o padri coscritti, a voi richiede.
 Se pace non si vuol, brama che almeno
 de' vostri e suoi prigioni
 termini un cambio il doloroso esiglio.
 Ricusar l'una e l'altro è il mio consiglio.
 AMILCARE
295(Come!)
 PUBLIO
                   (Aimè!)
 MANLIO
                                     (Son di sasso).
 REGOLO
                                                                  Io della pace
 i danni a dimostrar non m'affatico;
 se tanto la desia, teme il nemico.
 MANLIO
 Ma il cambio?
 REGOLO
                             Il cambio asconde
 frode per voi più perigliosa assai.
 AMILCARE
300Regolo?
 REGOLO
                  Io compirò quanto giurai. (Ad Amilcare)
 PUBLIO
 (Numi! Il padre si perde).
 REGOLO
                                                   Il cambio offerto
 mille danni ravvolge;
 ma l'esempio è il peggior. L'onor di Roma,
 il valor, la costanza,
305la virtù militar, padri, è finita,
 se ha speme il vil di libertà, di vita.
 Qual pro che torni a Roma
 chi a Roma porterà l'orme sul tergo
 della sferza servil? Chi l'armi ancora
310di sangue ostil digiune
 vivo depose e per timor di morte
 del vincitor lo scherno
 soffrir si elesse? Oh vituperio eterno!
 MANLIO
 Sia pur dannoso il cambio;
315a compensarne i danni
 basta Regolo sol.
 REGOLO
                                 Manlio, t'inganni;
 Regolo è pur mortal. Sento ancor io
 l'ingiurie dell'etade. Utile a Roma
 già poco esser potrei; molto a Cartago
320ben lo saria la gioventù feroce
 che per me rendereste. Ah sì gran fallo
 da voi non si commetta. Ebbe il migliore
 de' miei giorni la patria, abbia il nemico
 l'inutil resto. Il vil trionfo ottenga
325di vedermi spirar; ma vegga insieme
 che ne trionfa invano,
 che di Regoli abbonda il suol romano.
 MANLIO
 (Oh inudita costanza!)
 PUBLIO
 (Oh coraggio funesto!)
 AMILCARE
330(Che nuovo a me strano linguaggio è questo!)
 MANLIO
 L'util non già dell'opre nostre oggetto
 ma l'onesto esser dee; né onesto a Roma
 l'esser ingrata a un cittadin saria.
 REGOLO
 Vuol Roma essermi grata? Ecco la via.
335Questi barbari, o padri,
 m'han creduto sì vil che per timore
 io venissi a tradirvi. Ah questo oltraggio
 d'ogni strazio sofferto è più inumano.
 Vendicatemi, o padri; io fui romano.
340Armatevi, correte
 a sveller da' lor tempi
 l'aquile prigioniere. Infin che oppressa
 l'emula sia non deponete il brando.
 Fate ch'io là tornando
345legga il terror dell'ire vostre in fronte
 a' carnefici miei, che lieto io mora
 nell'osservar fra' miei respiri estremi
 come al nome di Roma Africa tremi.
 AMILCARE
 (La maraviglia agghiaccia
350gli sdegni miei).
 PUBLIO
                                 (Nessun risponde? Oh dio!
 Mi trema il cor).
 MANLIO
                                 Domanda
 più maturo consiglio
 dubbio sì grande. A respirar dal nostro
 giusto stupor spazio bisogna. In breve
355il voler del Senato
 tu, Amilcare, saprai. Noi, padri, andiamo
 l'assistenza de' numi
 pria di tutto a implorar. (S’alza e seco tutti)
 REGOLO
                                               V'è dubbio ancora?
 MANLIO
 Sì, Regolo; io non veggo
360se periglio maggiore
 è il non piegar del tuo consiglio al peso
 o se maggior periglio
 è il perder chi sa dar sì gran consiglio.
 
    Tu, sprezzator di morte,
365dai per la patria il sangue;
 ma il figlio suo più forte
 perde la patria in te.
 
    Se te domandi esangue,
 molto da lei domandi;
370d'anime così grandi
 prodigo il ciel non è. (Parte il console seguito dal Senato e da’ littori e resta libero il passaggio nel tempio)