L’eroe cinese, Vienna, van Ghelen, 1752

 SCENA VI
 
 LEANGO, poi SIVENO
 
 LEANGO
505Disingannarla io pur vorrei. No; prima
 che i Tartari sian giunti
 è rischio avventurar. (Un paggio si presenta)
                                          Che rechi? (Un foglio!)
 Porgilo e parti. (Gli dà una lettera e si ritira)
 SIVENO
                               A lei vuol ch'io ritorni (Dubbioso senza veder Leango)
 la mia bella Lisinga; io sudo, io tremo
510nell'appressarmi a lei. No... Ma poss'io
 trasgredire un suo cenno?
 LEANGO
                                                  Astri benigni
 eccomi in porto. Il tartaro soccorso
 pur giunto è alfin. (Rilegge)
 SIVENO
                                     (Lisinga il vuol; si vada...
 Il genitor! No; sì confuso almeno
515non vogl'io ch'ei mi vegga). (Vuol partire)
 LEANGO
                                                     Odi, Siveno. (Siveno s’arresta)
 Fermati. (Il ciel l'invia).
 SIVENO
                                               (Che dirgli mai? (S’arresta da lontano)
 Quali scuse...)
 LEANGO
                             Ah signor! (Vuole inginochiarsi)
 SIVENO
                                                   Padre! Che fai? (Sollevandolo)
 LEANGO
 Non son più padre tuo.
 SIVENO
                                             Perché! Tu piangi?
 Misero me! Dell'improviso pianto
520che tu versi dal ciglio
 ah forse il figlio è reo?
 LEANGO
                                           Non ho più figlio.
 SIVENO
 Intendo, intendo; un temerario amore
 tu disapprovi in me. Perdona; è vero,
 Lisinga è l'idol mio. La colpa è grande;
525ma la scusa è maggior. Dov'è chi possa
 vederla e non amarla.
 LEANGO
                                          Amala; è giusto
 che la tua sposa adori.
 SIVENO
                                           Ah padre, ah questo
 scherzo crudel troppo il mio fallo eccede.
 Lo so, lo so. Tu del cinese impero
530hai destinato a lei
 lo sconosciuto erede.
 LEANGO
                                        E quel tu sei.
 SIVENO
 Che?
 LEANGO
             Tu sei quello. Io ti serbai bambino
 fra la strage de' tuoi. Ressi finora
 quest'impero per te; sempre quel giorno
535in cui render sicuro
 te potessi al tuo soglio io sospirai.
 Quel giorno è giunto. Ora ho vissuto assai.
 SIVENO
 Io!... Non m'inganni?
 LEANGO
                                          No. Tu sei Svenvango
 del gran Livanio ultimo figlio.
 SIVENO
                                                         E il trono?
 LEANGO
540E il trono è tuo retaggio.
 SIVENO
 E Lisinga?
 LEANGO
                       È tua sposa.
 SIVENO
                                               O sposa! O giorno!
 O me felice! Ah sappia
 l'idolo mio... (Vuol partire)
 LEANGO
                           Dove t'affretti?
 SIVENO
                                                         A lei.
 LEANGO
 Ferma e se m'ami in questo stato altrui
545non ti mostrar; ti ricomponi e pensa...
 SIVENO
 Oh dio piange Lisinga.
 LEANGO
 A consolarla io stesso
 con tal novella andrò. Nel maggior tempio
 mentre il Senato, i sacerdoti, i duci
550s'aduneran, tu solitario attendi
 me ne' tuoi tetti; e al nuovo peso intanto
 l'alma incomincia a preparar. Rifletti
 quanti popoli in te Svenvango avranno
 oggi un padre o un tiranno. A quanti regni
555tu la miseria or procurar potrai,
 tu la felicità. Che a tutto il mondo
 t'esponi in vista; e sarà il mondo intero
 giudice tuo. Che i buoni esempi o rei
 ammirati sul trono
560degli altrui falli sono,
 son delle altrui virtù prime sorgenti.
 Che non v'è fra' viventi
 ma v'è nel ciel chi d'un commesso impero
 può dimandar ragion. Chi, come innalza
565quei che reggere in terra
 san le sue veci a beneficio altrui,
 preme così chi non somiglia a lui.
 SIVENO
 Sì caro padre mio; sarò... Vedrai...
 Ah troppo vorrei dir. Lisinga... Il trono...
570I benefici tuoi...
 LEANGO
                                Non affannarti;
 tutto intendo o signor.
 SIVENO
                                           Signor mi chiami?
 Ah no; chiamami figlio. Ah questo nome
 è il mio pregio più grande. Io che sarei
 senza di te? Tu solo
575padre, benefattor, maestro, amico,
 tutto fosti per me; tutta io ti deggio
 la mia riconoscenza, il mio rispetto,
 l'amor mio, la mia fede...
 LEANGO
 Figlio ah non più! La tenerezza eccede. (Abbracciandolo con tenerezza e poi ritirandosi con rispetto)
 
580   Perdona l'affetto
 che l'alma mi preme,
 mia gloria, mia speme,
 mio figlio, mio re.
 
    Di stringerti al petto
585mi ottengano il vanto
 quel sangue, quel pianto
 ch'io sparsi per te. (Parte)