L’eroe cinese, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA VI
 
 LEANGO, poi SIVENO
 
 LEANGO
 Disingannarla io pur vorrei. No, prima
 che i Tartari sian giunti,
 è rischio avventurar. Che rechi? Un foglio? (Un paggio si presenta)
505Porgilo e parti. (Gli dà una lettera e si ritira)
 SIVENO
                               A lei vuol ch'io ritorni (Dubbioso senza veder Leango)
 la mia bella Lisinga; io sudo, io tremo
 nell'appressarmi a lei. No... Ma poss'io
 trasgredire un suo cenno?
 LEANGO
                                                  Astri benigni,
 eccomi in porto. Il tartaro soccorso
510pur giunto è alfin. (Rilegge)
 SIVENO
                                     Lisinga il vuol, si vada...
 (Il genitor! No, sì confuso almeno
 non vogl'io ch'ei mi vegga). (Vuol partire)
 LEANGO
                                                     Odi, Siveno, (Siveno s’arresta)
 fermati. (Il ciel l'invia).
 SIVENO
                                              (Che dirgli mai? (S’arresta da lontano)
 Quali scuse...)
 LEANGO
                             Ah signor! (Vuole inginocchiarsi)
 SIVENO
                                                   Padre! Che fai? (Sollevandolo)
 LEANGO
515Non son più padre tuo.
 SIVENO
                                             Perché? Tu piangi!
 Misero me! Dell'improvviso pianto,
 che tu versi dal ciglio,
 ah forse il figlio è reo?
 LEANGO
                                           Non ho più figlio.
 SIVENO
 Intendo, intendo; un temerario amore
520tu disapprovi in me. Perdona, è vero,
 Lisinga è l'idol mio. La colpa è grande
 ma la scusa è maggior. Dov'è chi possa
 vederla e non amarla?
 LEANGO
                                           Amala; è giusto
 che la tua sposa adori.
 SIVENO
                                           Ah padre, ah questo
525scherzo crudel troppo il mio fallo eccede.
 Lo so, lo so; tu del cinese impero
 hai destinato a lei
 lo sconosciuto erede.
 LEANGO
                                        E quel tu sei.
 SIVENO
 Che?
 LEANGO
             Tu sei quello. Io ti serbai bambino
530fra la strage de' tuoi; ressi finora
 quest'impero per te; sempre quel giorno,
 in cui render sicuro
 te potessi al tuo soglio, io sospirai;
 quel giorno è giunto. Ora ho vissuto assai.
 SIVENO
535Io... Non m'inganni?
 LEANGO
                                         No. Tu sei Svenvango
 del gran Livanio ultimo figlio.
 SIVENO
                                                         E il trono...
 LEANGO
 E il trono è tuo retaggio.
 SIVENO
 E Lisinga...
 LEANGO
                        È tua sposa.
 SIVENO
                                                Oh sposa! Oh giorno!
 Oh me felice! Ah sappia
540l'idolo mio... (Vuol partire)
 LEANGO
                           Dove t'affretti?
 SIVENO
                                                         A lei.
 LEANGO
 Ferma e se m'ami in questo stato altrui
 non ti mostrar; ti ricomponi e pensa...
 SIVENO
 Oh dio! Piange Lisinga.
 LEANGO
 A consolarla io stesso
545con tal novella andrò. Nel maggior tempio
 mentre il Senato, i sacerdoti, i duci
 s'aduneran, tu solitario attendi
 me ne' tuoi tetti; e al nuovo peso intanto
 l'alma incomincia a preparar. Rifletti
550quanti popoli in te, Svenvango, avranno
 oggi un padre o un tiranno, a quanti regni
 tu la miseria or procurar potrai,
 tu la felicità, che a tutto il mondo
 t'esponi in vista, e sarà il mondo intero
555giudice tuo, che i buoni esempi o rei
 ammirati sul trono
 son delle altrui virtù prime sorgenti,
 che non v'è fra' viventi
 ma v'è nel ciel chi d'un commesso impero
560può dimandar ragion, chi, come innalza
 quei che reggere in terra
 san le sue veci a beneficio altrui,
 preme così chi non somiglia a lui.
 SIVENO
 Sì, caro padre mio, sarò... Vedrai...
565Ah troppo vorrei dir. Lisinga... Il trono...
 I benefici tuoi...
 LEANGO
                                Non affannarti.
 Tutto intendo, o signor.
 SIVENO
                                             Signor mi chiami?
 Ah no, chiamami figlio. Ah questo nome
 è il mio pregio più grande. Io che sarei
570senza di te? Tu solo
 padre, benefattor, maestro, amico,
 tutto fosti per me; tutta io ti deggio
 la mia riconoscenza, il mio rispetto,
 l'amor mio, la mia fede...
 LEANGO
575Figlio, ah non più! La tenerezza eccede. (Abbracciandolo con tenerezza e poi ritirandosi con rispetto)
 
    Perdona l'affetto
 che l'alma mi preme,
 mia gloria, mia speme,
 mio figlio, mio re.
 
580   Di stringerti al petto
 mi ottengano il vanto
 quel sangue, quel pianto
 ch'io sparsi per te. (Parte)