Didone abbandonata, Venezia, Rossetti, 1725

 SCENA VII
 
 IARBA, ARASPE
 
 IARBA
 Quant'è stolto se crede
 ch'io gl'abbia a serbar fede.
 ARASPE
 Il promettesti a lui.
 IARBA
250Non merta fé chi non la serba altrui.
 Ma vanne amato Araspe,
 vanne, le mie vendette
 un tuo colpo assicuri; Enea s'uccida.
 ARASPE
 Vado e sarà fra poco
255del suo, del mio valore
 in aperta tenzone arbitro il fato.
 IARBA
 No, t'arresta. Io non voglio
 che al caso si commetta
 l'onor tuo, l'odio mio, la mia vendetta.
260Improviso l'assali, usa la frode.
 ARASPE
 Da me frode! Signor suddito io nacqui
 ma non già traditor. Dimmi ch'io vada
 nudo in mezzo agl'incendi, incontro all'armi,
 tutto farò. Tu sei
265signor della mia vita; in tua difesa
 non ricuso cimento.
 Ma da me non si chiede un tradimento.
 IARBA
 Sensi d'alma volgare, a me non manca
 braccio del tuo più fido.
 ARASPE
                                              E come, o dei,
270la tua virtute...
 IARBA
                              Eh che virtù. Nel mondo
 o virtù non si trova
 o è sol virtù quel che diletta e giova.
 
    Tra lo splendor del trono
 belle le colpe sono,
275perde l'orror l'inganno,
 tutto si fa virtù.
 
    Fuggir con frode il danno
 può dubitar se lice
 quell'anima infelice
280che nacque in servitù. (Parte)