Romolo ed Ersilia, Vienna, van Ghelen, 1765

 SCENA V
 
 ACRONTE, indi CURZIO in abito parimente romano
 
 ACRONTE
 Già un sinistro all'impresa
 augurio è quest'incontro. Eh non si scemi
170però d'ardir. Roma si strugga. Io solo
 co' Ceninesi miei già pronti all'opra
 la lenta de' Sabini
 vendetta affretterò. Ma pria conviene
 d'Ersilia assicurarsi. In mezzo all'ire
175un ostaggio sì grande
 vacillar mi farebbe. Ho già chi a lei
 scortar mi dee; ma nol rinvengo. Altrove
 cerchisi... (S’incontrano Curzio ed Acronte e restano qualche istante immobili a guardarsi)
                      Curzio!
 CURZIO
                                      Acronte!
 ACRONTE
 Sei pur tu?
 CURZIO
                        Non m'inganno?
 ACRONTE
180Degli Antemnati il prence in Roma?
 CURZIO
                                                                    In Roma
 de' Ceninesi il prence?
 ACRONTE
                                             Io stanco alfine
 delle pigre ire vostre
 sciolsi il freno alle mie. Sol io di tutti
 gli oltraggiati Sabini
185l'onor vendicherò. Roma vogl'io
 oggi assalir. Di questa i men difesi,
 i più deboli siti
 era d'uopo esplorar; né volli ad altri
 che a me solo fidarmi. Ah se l'istesso
190stimolo impaziente
 te guida ancor, t'unisci a me; l'antico
 tu meco odio sospendi; io dell'oltraggio
 ch'Ersilia a me negasti
 per or mi scorderò. Solo per ora
195l'onor ci parli. E fin che al mondo intero
 la dovuta vendetta
 dell'offesa comun non sia palese,
 taccia il rancor delle private offese.
 CURZIO
 Ma sai qual ne sovrasta
200oggi ingiuria novella? Oggi si denno
 celebrar de' Romani
 con le nostre sabine
 i solenni imenei. Fra noi sicura
 fama ne giunse; e quei ch'io veggo intorno
205apparati festivi
 provan che non mentì. L'idea non posso
 né men soffrirne; e senza
 sapere ancor per qual cammin, la figlia
 a liberar da questi
210imenei m'affrettai.
 ACRONTE
                                      Tardi giungesti.
 CURZIO
 Come?
 ACRONTE
                 Il solenne rito
 principe è già compito.
 CURZIO
                                             Oimè! Sarebbe
 Ersilia ancor... No; la conosco; è troppo
 de' suoi costumi e de' paterni imperi
215tenace, rispettosa,
 rigida osservatrice.
 ACRONTE
                                      E pure è sposa.
 CURZIO
 Chi l'afferma? Onde il sai?
 ACRONTE
 Tutta io pur or mirai
 qui fra il volgo confuso in queste spoglie
220la pompa nuzziale.
 CURZIO
                                     Ed era Ersilia...
 ACRONTE
 Ed era Ersilia anch'essa
 della romana gioventù feroce
 fra le spose festive.
 CURZIO
                                      Oh colpo atroce! (Si getta a sedere fiero e pensoso)
 ACRONTE
 Arrestarsi or perché? Tardo è il riparo;
225pronta sia la vendetta. I tuoi guerrieri
 corri, vola ad unir. Con me congiura
 di Roma alla ruina.
 CURZIO
 (Ersilia! Una mia figlia! Una sabina!)
 ACRONTE
 (Né pur m'ascolta. Ah quello sdegno insano
230può tumulti destar, può alla rapina
 che meditai d'Ersilia
 ostacoli produrre. È saggia cura
 prevenirne gli effetti). E ben poss'io
 Curzio saper da te...
 CURZIO
                                       Lasciami solo.
 ACRONTE
235Tu il vuoi? Ti lascio. (E al mio disegno io volo). (Parte)