Romolo ed Ersilia, Vienna, van Ghelen, 1765

 SCENA VII
 
  Gabinetti, viali coperti ed altri edifici di verdure, tutti imitanti architettura sulla falda del Palatino.
 
 ROMOLO, poi ACRONTE
 
 ROMOLO
 No; d'Ersilia l'affanno
570non è tutto rigor. Vidi in quel volto,
 da quel labbro ascoltai...
 Romolo! E come mai
 fra le minacce ostili, in mezzo a tante
 cure d'un nuovo impero ha nel tuo petto
575pur trovato ricetto
 l'amor così! Tal debolezza... Ah sempre
 debolezza non è. Cangia natura
 allor che amor con la ragion congiura.
 Quel che ad Ersilia in fronte
580io veggo scintillar de' miei pensieri
 astro regolator cosa mortale
 certo non è. La sua virtù, l'antico
 splendor degli avi suoi, l'util del regno,
 il voto popolar... Ma quale ascolto
585strepito d'armi! Olà. (Verso la scena)
 ACRONTE
                                         No; questo acciaro
 non è facil trofeo. (Dentro)
 ROMOLO
                                    Contro un romano
 i miei custodi!
 ACRONTE
                              Avversi dei! (Nell’uscir difendendosi gli cade la spada)
 ROMOLO
                                                       Fermate
 miei fidi. Ah non si opprima
 chi difesa non ha. Stelle! M'inganno?
590Acronte tu non sei?
 ACRONTE
                                      Lo sono. (Con alterigia)
 ROMOLO
                                                        In Roma!
 Ne' miei soggiorni! In finte spoglie! E quale
 è il tuo disegno?
 ACRONTE
                                 A te ragion non rendo
 dell'opre mie. (Come sopra)
 ROMOLO
                              Fuor di stagione Acronte
 ostenti ardir. Pensa ove sei.
 ACRONTE
                                                     Son meco
595sempre dovunque io sia.
 ROMOLO
 Ma il valore è follia
 prence nel caso tuo. Parla. Fu il vano
 amor che hai per Ersilia, o fu l'antico
 odio per me che t'acciecò?
 ACRONTE
                                                  Risparmia
600Romolo le richieste. Io qui non venni
 per appagarti. Usa i tuoi dritti. A tutto
 mi troverai determinato e forte.
 So qual saria la sorte
 che a te destinerei
605se fossi tu dove ridotto io sono
 dagli avversi al valor fati inclementi;
 e argomento la mia.
 ROMOLO
                                       Male argomenti.
 Littori, olà; de' Ceninesi al prence
 il suo ferro si renda. E voi guerrieri
610delle romane mura oltre il recinto
 conducetelo illeso.
 ACRONTE
                                    A me la spada!
 ROMOLO
 Sì; prendila; e se puoi racquista in campo
 ciò che in Roma perdesti.
 ACRONTE
                                                 Assai costarti
 l'imprudenza potrebbe. Una vendetta
615per fasto trascurar come tu fai,
 Romolo, t'avvedrai
 che da saggio non è.
 ROMOLO
 Io vendetta! E di che? Folle, ti scuso;
 amante, ti compiango;
620nemico, non ti curo; e a frodi avvezzo
 se insidiator venisti, io ti disprezzo.
 ACRONTE
 
    Sprezzami pur per ora;
 ostenta pur coraggio;
 presto a cangiar linguaggio
625forse t'insegnerò.
 
    Lontan dal Campidoglio
 vedrem se in campo ancora
 m'insulterà l'orgoglio
 che in Roma m'insultò. (Parte)