Romolo ed Ersilia, Torino, Reale, 1768

 SCENA IV
 
 VALERIA e poi ACRONTE in abito romano
 
 VALERIA
135Arde e nol sa ma in nobil fuoco almeno
 la saggia Ersilia. Io sventurata adoro
 un perfido, un ingrato. A mille prove
 so che m'inganna Acronte e pure... Oh stelle!
 Traveggo? Ei viene.
 ACRONTE
                                       (Infausto incontro!)
 VALERIA
                                                                             E dove,
140folle, t'inoltri mai? Mentre congiura
 all'eccidio di Roma
 tutto il nome sabin, sabino ardisci
 qui con mentite spoglie
 arrischiarti così?
 ACRONTE
                                  Rischio non temo,
145cara, per rivederti.
 VALERIA
 Ah mentitor! So che la fé di sposo
 donata a me non curi più, che solo
 d'Ersilia or ardi.
 ACRONTE
                                 Io!
 VALERIA
                                         Sì. Credi che ignori
 le tue vane richieste,
150i rifiuti del padre, i tuoi furori?
 ACRONTE
 Ingiusta sei. Ne chiamo
 tutti del cielo in testimonio...
 VALERIA
                                                       Ah taci.
 Io non voglio arrossir de' tuoi spergiuri.
 Va'. Se di me non curi,
155abbi cura di te. Se me disprezzi,
 gradisci il mio consiglio
 e non farmi tremar nel tuo periglio.
 ACRONTE
 Perché in rischio mi vedi,
 palpiti tanto; e un traditor mi credi?
 VALERIA
 
160   Sì, m'inganni; e pure, oh dio,
 la mia sorte è sì tiranna
 che l'idea di chi m'inganna
 non so svellermi dal cor.
 
    Sì, crudele, il caso mio
165è una specie di portento;
 abborrisco il tradimento
 e pur amo il traditor. (Parte)