Didone abbandonata, Venezia, Rossetti, 1725

 SCENA XVII
 
 DIDONE con guardie e detti
 
 OSMIDA
 Siam traditi o regina.
445Se più tarda d'Arbace era l'aita,
 il valoroso Enea
 sotto colpo inumano oggi cadea.
 DIDONE
 Il traditor qual è? Dove dimora?
 OSMIDA
 Miralo, nella destra ha il ferro ancora.
 DIDONE
450Chi ti destò nel seno (Ad Araspe)
 sì barbaro desio.
 ARASPE
 Del mio signor la gloria e il dover mio.
 OSMIDA
 Come? L'istesso Arbace
 disapprova...
 ARASPE
                           Lo so ch'ei mi condanna,
455il suo sdegno pavento
 ma il mio non fu delitto e non mi pento.
 DIDONE
 Custodite colui. Non hai rossore
 del sacrilego eccesso?
 ARASPE
 Tornerei mille volte a far l'istesso. (Parte con guardie)
 ENEA
460Generoso nemico (A Iarba)
 in te tanta virtude io non credea.
 Lascia che a questo sen... (Va per abbracciar Iarba)
 IARBA
                                                 Scostati Enea.
 Sappi che il viver tuo d'Araspe è dono,
 che il tuo sangue vogl'io, che Iarba io sono.
 DIDONE
465Tu Iarba!
 ENEA
                     Il re de' Mori!
 DIDONE
 Un re sensi sì rei
 non chiude in seno, un mentitor tu sei.
 Si disarmi.
 IARBA
                        Nessuno (Snuda la spada)
 avvicinarsi ardisca o ch'io lo sveno.
 DIDONE
470Olà, che più s'aspetta?
 O si renda o trafitto a' piè mi cada.
 OSMIDA
 (Serbati alla vendetta). (A Iarba)
 IARBA
                                              Ecco la spada. (Getta la spada e parte)
 DIDONE
 Frenar l'alma orgogliosa
 tua cura sia. (Ad Osmida)
 OSMIDA
                           Su la mia fé riposa. (Parte con guardie)