Siroe, Parigi, Hérissant, 1780

 SCENA V
 
 LAODICE e detti
 
 EMIRA
                                      Alfin giungesti
 a consolar, Laodice, un fido amante.
 Oh quante volte, oh quante
200ei sospirò per te!
 LAODICE
                                  L'afferma Idaspe,
 il crederò.
 EMIRA
                      Ti dirà Siroe il resto.
 SIROE
 (Che nuovo stil di tormentarmi è questo!)
 LAODICE
 E potrei lusingarmi
 che s'abbassi ad amarmi, (A Siroe)
205prence illustre, il tuo cor?
 EMIRA
                                                 Per te sicuro
 è l'amor suo.
 SIROE
                           Per lei? (Piano ad Emira)
 EMIRA
                                            Taci, spergiuro. (Piano a Siroe)
 LAODICE
 E rende amor sì poco
 il suo labbro loquace?
 EMIRA
 Sai che un fido amatore avvampa e tace.
 LAODICE
210Ma il silenzio del labbro
 tradiscon le pupille; ed ei né meno
 gira un guardo al mio volto; anzi confuso
 stupidi fissa in terra i lumi suoi.
 Direi che disapprova i detti tuoi.
 EMIRA
215Eh Laodice, t'inganni.
 Siroe tu non conosci; io lo conosco.
 D'Idaspe egli ha rossore.
 SIROE
 Non è vero, idol mio. (Piano ad Emira)
 EMIRA
                                          Sì, traditore. (Piano a Siroe)
 LAODICE
 Siroe rossor! Sinora
220taccia non ha; ma, se v'è taccia in lui,
 sai che è l'ardir, non la modestia.
 EMIRA
                                                              Amore
 cangia affatto i costumi;
 rende il timido audace,
 fa l'audace modesto.
 SIROE
225(Che nuovo stil di tormentarmi è questo!)
 EMIRA
 Meglio è lasciarvi in pace. a' fidi amanti
 ogni altra compagnia troppo è molesta.
 LAODICE
 Idaspe, e pur mi resta
 un gran timor ch'ei non m'inganni.
 EMIRA
                                                                  Affatto
230condannar non ardisco il tuo sospetto.
 Mai nel fidarsi altrui
 non si teme abbastanza; il so per prova.
 Rara in amor la fedeltà si trova.
 
    D'ogni amator la fede
235è sempre mal sicura;
 piange, promette e giura,
 chiede, poi cangia amore,
 facile a dir che muore,
 facile ad ingannar.
 
240   E pur non ha rossore
 chi un dolce affetto obblia,
 come il tradir non sia
 gran colpa nell'amar. (Parte)