Didone abbandonata, Venezia, Rossetti, 1725

 SCENA XI
 
 Atrio.
 
 ENEA, poi ARASPE
 
 ENEA
 Fra il dovere e l'affetto
810ancor dubbioso in petto ondeggia il core.
 Purtroppo il mio valore
 all'impero servì d'un bel sembiante.
 Ah una volta l'eroe vinca l'amante.
 ARASPE
 Di te finora in traccia
815scorsi la regia.
 ENEA
                             Amico
 vieni fra queste braccia.
 ARASPE
 Allontanati Enea, son tuo nemico. (Snuda la spada)
 Snuda snuda quel ferro,
 guerra con te, non amicizia io voglio.
 ENEA
820Tu di Iarba all'orgoglio
 prima m'involi e poi
 guerra mi chiedi ed amistà non vuoi?
 ARASPE
 T'inganni. Allor difesi
 la gloria del mio re, non la tua vita.
825Con più nobil ferita
 rendergli a me s'aspetta
 quella che tolsi a lui giusta vendetta.
 ENEA
 Enea stringer l'acciaro
 contro il suo difensor!
 ARASPE
                                           Olà, che tardi?
 ENEA
830La mia vita è tuo dono,
 prendila pur se vuoi, contento io sono.
 Ma ch'io debba a tuo danno armar la mano
 generoso guerrier lo speri invano.
 ARASPE
 Se non impugni il brando
835a ragion ti dirò codardo e vile.
 ENEA
 Questa ad un cor virile
 vergognosa minaccia Enea non soffre.
 Ecco per sodisfarti io snudo il ferro.
 Ma prima i sensi miei
840odan gli uomini tutti e tutti i dei.
 Io son d'Araspe amico,
 io debbo la mia vita al suo valore;
 ad onta del mio core
 discendo al gran cimento
845di codardia tacciato
 e per non esser vil mi rendo ingrato. (Cominciano a battersi)