Didone abbandonata, Venezia, Rossetti, 1725

 SCENA XIII
 
 ENEA e SELENE
 
 ENEA
 Allor che Araspe a provocar mi venne
 del suo signor sostenne
 le ragioni con me; la sua virtude
865se condannar pretendi,
 troppo quel core ingiustamente offendi.
 SELENE
 Ah generoso Enea
 non fidarti così. D'Osmida ancora
 all'amistà tu credi e pur t'inganna.
 ENEA
870Lo so, ma come Osmida
 non serba Araspe in seno anima infida.
 SELENE
 Sia qual ei vuole Araspe; or non è tempo
 di favellar di lui. Brama Didone
 teco parlar.
 ENEA
                        Poc'anzi
875dal suo real soggiorno io trassi il piede.
 Se di nuovo mi chiede
 ch'io resti in quest'arena
 invan si accrescerà la nostra pena.
 SELENE
 Oh dio, se non l'ascolti
880tu sei troppo inumano.
 ENEA
 L'ascolterò ma l'ascoltarla è vano.
 
    Non cede all'austro irato
 né teme allor che freme
 il turbine sdegnato
885quel monte che sublime
 le cime inalza al ciel.
 
    Costante ad ogni oltraggio
 sempre la fronte avvezza,
 disprezza il caldo raggio,
890non cura il freddo giel. (Parte)