Catone in Utica, Roma, Bernabò, 1728

 SCENA V
 
  Acquedotti antichi ridotti ad uso di strada sotterranea che conducono dalla città alla marina con porta chiusa da un lato del prospetto.
 
 MARZIA
 
 MARZIA
 Pur veggo alfine un raggio
 d'incerta luce infra l'orror di queste
1465dubbiose vie; ma non ritrovo il varco (Guardando attorno)
 che al mar conduce. Orma non v'è che possa
 additarne il sentier. Mi trema in petto
 per tema il cor. L'ombre, il silenzio, il grave
 fra questi umidi sassi aere ristretto
1470peggior de' rischi miei rendon l'aspetto.
 Ah se d'uscir la via
 rinvenir non sapessi... Eccola. Alquanto (Guardando s’avvede della porta)
 l'alma respira. Al lido
 si affretti il piè. Ma s'io non erro, il passo
1475chiuso mi sembra. Oh dei
 purtroppo è ver. Chi l'impedì? Si tenti. (Torna alla porta)
 Cedesse almeno. Ah che m'affanno invano.
 Misera che farò? Per l'orme istesse
 tornar conviene. Alla mia fuga il cielo
1480altra strada aprirà. Numi, qual sento
 di varie voci e di frequenti passi
 suono indistinto? Ove n'andrò? Si avanza
 il mormorio. Potessi
 quel riparo atterrar. Né pur si scuote. (Si appressa di nuovo e sforza la porta)
1485Dove fuggir? Forza è celarsi; e quando
 i timori e gli affanni
 avran fine una volta, astri tiranni. (Si nasconde)