Catone in Utica, Venezia, Buonarigo, 1729

 SCENA V
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
                                    Che veggio, o dei!
 Questo è dunque l'asilo
 ch'io sperai da Catone? Un luogo istesso
 la sventurata accoglie
 vedova di Pompeo col suo nemico?
235Ove son le promesse?
 Ove la mia vendetta? (A Catone)
 Così sveni il tiranno?
 Così d'Emilia il difensor tu sei?
 Fin di pace si parla in faccia a lei?
 FULVIO
240(In mezzo alle sventure
 è bella ancor).
 CATONE
                             Tanto trasporto Emilia
 perdono al tuo dolor. Quando l'oblio
 delle private offese
 util si rende al commun bene, è giusto.
 EMILIA
245Qual utile, qual fede
 sperar si può dall'oppressor di Roma?
 CESARE
 A Cesare oppressor? Chi l'ombra errante
 colla funebre pompa
 placò del gran Pompeo? Forse ti tolsi
250armi, navi e compagni? A te non resi
 e libertade e vita?
 EMILIA
                                    Io non la chiesi.
 Ma già che vivo ancor saprò valermi
 contro te del tuo don; finché non vegga
 la tua testa recisa, e terre e mari
255scorrerò disperata; in ogni parte
 lascerò le mie furie e tanta guerra
 contro ti desterò che non rimanga
 più nel mondo per te sicura sede.
 Sai che già tel promisi, io serbo fede.
 CATONE
260Modera il tuo furor.
 CESARE
                                       Se tanto ancora
 sei sdegnata con me sei troppo ingiusta.
 EMILIA
 Ingiusta? E tu non sei
 la cagion de' miei mali? Il mio consorte
 tua vittima non fu? Forse presente
265non ero allor che dalla nave ei scese
 sul picciolo del Nilo infido legno?
 Io con quest'occhi io vidi
 splender l'infame acciaro
 che il sen gli aperse, il primo sangue io vidi
270macchiar fuggendo al traditor il volto.
 Fra i barbari omicidi
 non mi gittai, che questo ancor mi tolse
 l'onda fraposta e la pietade altrui.
 Né v'era, il credo appena,
275di tanto già seguace mondo un solo
 che potesse a Pompeo chiuder le ciglia.
 Tanto invidian gli dei chi lor somiglia.
 FULVIO
 (Pietà mi desta).
 CESARE
                                  Io non ho parte alcuna
 di Tolomeo nell'empietade; assai
280la vendetta ch'io presi è manifesta;
 e sa il ciel, tu lo sai
 s'io piansi allor su l'onorata testa.
 CATONE
 Ma chi sa se piangesti
 per gioia o per dolor; la gioia ancora
285ha le lagrime sue.
 FULVIO
                                   Questo non parmi
 tempo opportuno a favellar di pace.
 Chiede l'affar più solitaria parte
 e mente più serena.
 CATONE
                                       Al mio soggiorno
 dunque in breve io vi attendo e tu fra tanto
290pensa Emilia che tutto
 lasciar l'affanno in libertà non dei,
 giacché ti fe' la sorte
 figlia a Scipione ed a Pompeo consorte.
 
    Pensa di chi sei figlia (Ad Emilia)
295e ad esser forte apprendi.
 Cesare, e tu m'attendi (A Cesare)
 ch'io ti risponderò.
 
    Se l'odio in te consiglia
 pensa chi avesti sposo, (Ad Emilia)
300io del commun riposo
 teco poi parlerò. (A Cesare)