Didone abbandonata, Venezia, Rossetti, 1725

 SCENA II
 
 IARBA con seguito di mori e detto
 
 IARBA
 Dove rivolge, dove
 quest'eroe fuggitivo i legni e l'armi?
1085Vuol portar guerra altrove
 o da me col fuggir cerca lo scampo?
 ENEA
 Ecco un novello inciampo!
 IARBA
                                                  In questa guisa
 tu lasci in abbandono
 la fida sposa e di Cartago il trono?
 ENEA
1090Alla mia gloria io cedo
 barbaro e non a te la sposa e il regno.
 Se vuoi goderne appieno
 non irritar la sofferenza mia.
 IARBA
 Parmi però che sia
1095viltà, non sofferenza il tuo ritegno.
 Per un momento il legno
 può rimaner sul lido,
 vieni, s'hai cor, meco a pugnar ti sfido.
 ENEA
 Vengo, restate amici, (Alle sue genti)
1100che ad abbassar quel temerario orgoglio
 altri che il mio valor meco non voglio.
 Eccomi a te, che pensi?
 IARBA
 Penso che all'ira mia
 la tua morte sarà poca vendetta.
 ENEA
1105Per ora a contrastarmi
 non fai poco se pensi; all'armi.
 IARBA
                                                          All'armi. (Mentre si battono e Iarba va cedendo, i suoi mori vengono in aiuto di lui ed assalgono unitamente Enea. I compagni d’Enea in aiuto di lui scendono dalle navi ed attaccano i mori. Enea e Iarba combattendo entrano. Siegue zuffa fra troiani e mori. I mori fuggono e gl’altri li sieguono. Escono di nuovo combattendo Enea e Iarba)
 ENEA
 Già cadesti e sei vinto. O tu mi cedi
 o trafiggo quel core.
 IARBA
                                       Invan lo chiedi.
 ENEA
 Se al vincitor sdegnato
1110non domandi pietà...
 IARBA
                                         Siegui il tuo fato.
 ENEA
 Sì mori. Ma che fo? Vivi, non voglio
 nel tuo sangue infedele
 questo acciaro macchiar.
 IARBA
                                                Sorte crudele!
 ENEA
 
    Vivi superbo e regna.
1115Regna per gloria mia,
 vivi per tuo rossor.
 
    E la tua pena sia
 il rammentar che in dono
 ti diè la vita e il trono
1120pietoso il vincitor. (Parte)