Catone in Utica, Venezia, Buonarigo, 1729, II edizione

 SCENA IV
 
 CATONE, poi CESARE e FULVIO
 
 CATONE
 Dunque Cesare venga. Io non intendo
 qual cagion lo conduca! È inganno! È tema!
165No, d'un romano in petto
 non giunge a tanto ambizion d'impero
 che dia ricetto a così vil pensiero. (Cala il ponte e vien Cesare e Fulvio)
 CESARE
 Con cento squadre e cento
 a mia difesa armate in campo aperto
170non mi presento a te. Senz'armi e solo
 sicuro di tua fede
 fra le mura nemiche io porto il piede,
 tanto Cesare onora
 la virtù di Catone emulo ancora.
 CATONE
175Mi conosci abbastanza, onde in fidarti
 nulla più del dovere a me rendesti.
 Di che temer potresti?
 In Egitto non sei. Qui delle genti
 si serba ancor l'universal ragione
180né vi son Tolomei dov'è Catone.
 CESARE
 È ver, noto mi sei; già il tuo gran nome
 fin da' prim'anni a venerare appresi.
 In cento boche intesi
 della patria chiamarti
185padre e sostegno e delle antiche leggi
 riggido difensor. Fu poi la sorte
 prodiga all'armi mie del suo favore.
 Ma l'acquisto maggiore
 per cui contento ogn'altro acquisto io cedo
190è l'amicizia tua, questa ti chiedo.
 FULVIO
 E il Senato la chiede. A voi m'invia
 nuncio del suo voler. È tempo ormai
 che da' privati sdegni
 la combattuta patria abbia riposo.
195Scema d'abitatori
 è già l'Italia afflitta. Alle campagne
 già mancano i cultori,
 manca il ferro agli aratri. In uso d'armi
 tutto il furor converte e mentre Roma
200con le sue mani il proprio sen divide
 gode l'Asia incostante, Africa ride.
 CATONE
 Chi vuol Catone amico
 facilmente l'avrà. Sia fido a Roma.
 CESARE
 Chi più fido di me? Spargo per lei
205il sudor da gran tempo e il sangue mio.
 Il gelido Brittanno
 per me le ignote ancora
 romane insegne a venerare apprese.
 Ogni clima remoto
210vinse per me...
 CATONE
                              Già tutto il resto è noto.
 Di tue famose imprese
 godiamo i frutti e in ogni parte abbiamo
 pegni dell'amor tuo. Dunque mi credi
 mal accorto così ch'io non ravvisi
215velato di virtude il tuo disegno?
 So che il desio di regno,
 che il tirannico genio onde infelici
 tanti hai reso fin qui...
 FULVIO
                                            Signor che dici?
 Di ricomporre i disuniti affetti
220non son queste le vie. Di pace io venni
 non di risse ministro.
 CATONE
                                          E ben si parli.
 (Udiam che dir potrà).
 FULVIO
                                             (Tanta virtude
 troppo acerbo lo rende). (A Cesare)
 CESARE
 (Io l'ammiro però se ben m'offende). (A Fulvio)
225Pende il mondo diviso
 dal tuo, dal cenno mio. Sol che la nostra
 amicizia si stringa il tutto è in pace.
 Se del sangue latino
 qualche pietà pur senti, i sensi miei
230placido ascolterai.