Catone in Utica, Venezia, Buonarigo, 1729, II edizione

 SCENA XVI
 
 ARBACE
 
 ARBACE
 L'ingiustizia, il disprezzo,
 la tirania, la crudeltà, lo sdegno
 dell'ingrato mio ben senza lagnarmi
 tolerar io saprei. Tutte son pene
1175soffribili ad un cor. Ma su le labra
 della nemica mia sentir il nome
 del felice rival, saper che l'ama,
 udir che i pregi ella ne dica e tanto
 mostri per lui d'ardire
1180questo questo è penar, questo è morire.
 
 Vedi in fine
 
    Che sia la gelosia
 un gielo in mezzo al foco
 è ver, ma questo è poco.
 È il più crudel tormento
1185d'un cor che s'innamora.
 E questo è poco ancora.
 Io nel mio cor lo sento
 ma non lo so spiegar.
 
    Se non portasse amore
1190affanno sì tiranno,
 qual è quel rozzo core
 che non vorrebbe amar.
 
 Fine dell’atto secondo