Catone in Utica, Venezia, Bettinelli, 1733

 SCENA VI
 
 CESARE e detta
 
 CESARE
 Ecco d'Iside il fonte. Ai noti segni
 questo il varco sarà. Floro m'ascolti?
 Floro. Nol veggio più; fin qui condurmi,
1720poi dileguarsi! Io fui
 troppo incauto in fidarmi. Eh non è questo
 il primo ardir felice. Io di mia sorte
 feci in rischio maggior più certa prova. (Nell’entrare s’incontra in Emilia che esce dagli acquedotti con la gente che circonda Cesare)
 EMILIA
 Ma questa volta il suo favor non giova.
 CESARE
1725Emilia!
 EMILIA
                  È giunto il tempo
 delle vendette mie.
 CESARE
                                      Fulvio ha potuto
 ingannarmi così?
 EMILIA
                                   No; dell'inganno
 tutta la gloria è mia. Della sua fede
 giurata a te contro di te mi valsi.
1730Perché impedisse il tuo ritorno al campo
 a Fulvio io figurai
 d'Utica su le porte i tuoi perigli.
 Per condurti ove sei, Floro io mandai
 con simulato zelo a palesarti
1735questa incognita strada. Or dal mio sdegno
 se puoi t'invola.
 CESARE
                                Un femminil pensiero
 quanto giunge a tentar!
 EMILIA
                                              Forse volevi
 che insensati gli dei sempre i tuoi falli
 soffrissero così? Che sempre il mondo
1740pianger dovesse in servitù dell'empio
 suo barbaro oppressor? Che l'ombra grande
 del tradito Pompeo
 eternamente invendicata errasse?
 Folle. Contro i malvagi,
1745quando più gli assicura,
 allor le sue vendette il ciel matura.
 CESARE
 Alfin che chiedi?
 EMILIA
                                  Il sangue tuo.
 CESARE
                                                             Sì lieve
 non è l'impresa.
 EMILIA
                                 Or lo vedremo. Amici
 l'usurpator svenate.
 CESARE
1750Prima voi caderete. (Cava la spada)