Catone in Utica, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA V
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
                                    Che veggio, o dei!
 Questo è dunque l'asilo
 ch'io sperai da Catone! Un luogo istesso
 la sventurata accoglie
 vedova di Pompeo col suo nemico!
255Ove son le promesse? (A Catone)
 Ove la mia vendetta?
 Così sveni il tiranno?
 Così d'Emilia il difensor tu sei?
 Fin di pace si parla in faccia a lei?
 FULVIO
260(In mezzo alle sventure
 è bella ancor).
 CATONE
                             Tanto trasporto, Emilia,
 perdono al tuo dolor. Quando l'obblio
 delle private offese
 util si rende al comun bene, è giusto.
 EMILIA
265Qual utile, qual fede
 sperar si può dall'oppressor di Roma?
 CESARE
 A Cesare oppressor? Chi l'ombra errante
 con la funebre pompa
 placò del gran Pompeo? Forse ti tolsi
270armi, navi e compagni? A te non resi
 e libertade e vita?
 EMILIA
                                    Io non la chiesi.
 Ma giacché vivo ancor, saprò valermi
 contro te del tuo don. Finché non vegga
 la tua testa recisa, e terre e mari
275scorrerò disperata; in ogni parte
 lascerò le mie furie; e tanta guerra
 contro ti desterò che non rimanga
 più nel mondo per te sicura sede.
 Sai che già tel promisi, io serbo fede.
 CATONE
280Modera il tuo furor.
 CESARE
                                       Se tanto ancora
 sei sdegnata con me, sei troppo ingiusta.
 EMILIA
 Ingiusta? E tu non sei
 la cagion de' miei mali? Il mio consorte
 tua vittima non fu? Forse presente
285non ero allor che dalla nave ei scese
 sul picciolo del Nilo infido legno?
 Io con quest'occhi, io vidi
 splender l'infame acciaro,
 che il sen gli aperse, e impetuoso il sangue
290macchiar fuggendo al traditore il volto.
 Fra' barbari omicidi
 non mi gittai, che questo ancor mi tolse
 l'onda frapposta e la pietade altrui.
 Né v'era, il credo appena,
295di tanto già seguace mondo un solo
 che potesse a Pompeo chiuder le ciglia;
 tanto invidian gli dei chi lor somiglia!
 FULVIO
 (Pietà mi desta).
 CESARE
                                  Io non ho parte alcuna
 di Tolomeo nell'empietade. Assai
300la vendetta ch'io presi è manifesta.
 E sa il ciel, tu lo sai
 s'io piansi allor su l'onorata testa.
 CATONE
 Ma chi sa se piangesti
 per gioia o per dolor? La gioia ancora
305ha le lagrime sue.
 CESARE
                                   Pompeo felice,
 invidio il tuo morir, se fu bastante
 a farti meritar Catone amico.
 EMILIA
 Di sì nobile invidia
 no, capace non sei tu che potesti
310contro la patria tua rivolger l'armi.
 FULVIO
 Signor, questo non parmi
 tempo opportuno a favellar di pace.
 Chiede l'affar più solitaria parte
 e mente più serena.
 CATONE
                                       Al mio soggiorno
315dunque in breve io vi attendo. E tu frattanto
 pensa, Emilia, che tutto
 lasciar l'affanno in libertà non dei,
 giacché ti fe' la sorte
 figlia a Scipione ed a Pompeo consorte.
 
320   Si sgomenti alle sue pene
 il pensier di donna imbelle
 che vil sangue ha nelle vene,
 che non vanta un nobil cor.
 
    Se lo sdegno delle stelle
325tollerar meglio non sai,
 arrossir troppo farai
 e lo sposo e il genitor. (Parte)