Catone in Utica, Torino, Reale, 1757

 SCENA XII
 
 MARZIA da un lato, ARBACE dall’altro e detto
 
 MARZIA
 Padre.
 ARBACE
                Signor.
 MARZIA, ARBACE A DUE
                                T'arresta.
 CATONE
                                                    Al guardo mio
 ardisci ancor di presentarti, ingrata?
 ARBACE
 Una misera figlia
 lasciar potresti in servitù sì dura?
 CATONE
1850Ah questa indegna oscura
 la gloria mia!
 MARZIA
                            Che crudeltà! Deh ascolta
 i prieghi miei.
 CATONE
                              Taci.
 MARZIA
                                          Perdono, o padre, (S’inginocchia)
 caro padre pietà. Questa, che bagna
 di lagrime il tuo piede, è pur tua figlia.
1855Ah volgi a me le ciglia;
 vedi almen la mia pena;
 guardami una sol volta e poi mi svena.
 ARBACE
 Placati alfine.
 CATONE
                            Or senti.
 Se vuoi che l'ombra mia vada placata
1860al suo fatal soggiorno, eterna fede
 giura ad Arbace; e giura
 all'oppressore indegno
 della patria e del mondo eterno sdegno.
 MARZIA
 (Morir mi sento).
 CATONE
                                   E pensi ancor? Conosco
1865l'animo avverso; ah da costei lontano
 volo a morir.
 MARZIA
                           No, genitore, ascolta. (S’alza)
 Tutto farò. Vuoi che ad Arbace io serbi
 eterna fé? La serberò. Nemica
 di Cesare mi vuoi? Dell'odio mio
1870contro lui t'assicuro.
 CATONE
 Giuralo.
 MARZIA
                   Oh dio! Su questa man lo giuro. (Prende la mano di Catone e la bacia)
 ARBACE
 Mi fa pietade.
 CATONE
                             Or vieni
 fra queste braccia e prendi
 gli ultimi amplessi miei, figlia infelice.
1875Son padre alfine e nel momento estremo
 cede ai moti del sangue
 la mia fortezza. Ah non credea lasciarti
 in Africa così!
 MARZIA
                             Questo è dolore. (Piange)
 CATONE
 Non seduca quel pianto il mio valore.
 
1880   Per darvi alcun pegno
 d'affetto il mio core
 vi lascia uno sdegno,
 vi lascia un amore,
 ma degno di voi,
1885ma degno di me.
 
    Io vissi da forte;
 più viver non lice.
 Almen sia la sorte
 ai figli felice,
1890se al padre non è. (Parte)
 
 MARZIA
 Seguiamo i passi suoi.
 ARBACE
                                            Non s'abbandoni
 al suo crudel desio. (Parte)
 MARZIA
 Deh serbatemi, o numi, il padre mio. (Parte)