Ezio, Venezia, Buonarigo, 1728

 SCENA III
 
 EZIO, MASSIMO e poi FULVIA
 
 MASSIMO
 Ezio donasti assai
 alla gloria, al dover; qualche momento
110concedi all'amistà. Lascia ch'io stringa
 quella man vincitrice.
 EZIO
                                           Io godo amico
 nel rivederti e caro
 m'è l'amor tuo de' miei trionfi al paro.
 Ma Fulvia ove si cela?
115Che fa? Dov'è? Quando ciascun s'affretta
 su le mie pompe ad appagar le ciglia,
 la tua figlia non viene?
 MASSIMO
                                            Ecco la figlia.
 EZIO
 Cara, di te più degno
 torna il tuo sposo e al volto tuo gran parte
120deve de' suoi trofei. Fra l'armi e l'ire
 mi fu sprone egualmente
 e la gloria e l'amor; né vinto avrei,
 se premio ai miei sudori
 erano solo i trionfali allori.
125Ma come! Ai dolci nomi
 e di sposo e di amante
 ti veggio impallidir! Doppo la nostra
 lontananza crudel così m'accogli?
 Mi consoli così?
 FULVIA
                                (Che pena!) Io vengo...
130Signor...
 EZIO
                   Tanto rispetto
 Fulvia con me! Perché non dir «mio fido»?
 Perché «sposo» non dirmi? Ah tu non sei
 per me quella che fosti.
 FULVIA
                                             Oh dio, son quella.
 Ma... senti... Ah genitor per me favella.
 EZIO
135Massimo non tacer.
 MASSIMO
                                       Tacqui finora
 perché coi nostri mali a te non volli
 le gioie avvelenar. Si vive amico
 sotto un giogo crudele. Anche i pensieri
 imparano a servir. La tua vittoria
140Ezio ci toglie alle straniere offese,
 le domestiche accresce. Era il timore
 in qualche parte almeno
 a Cesare di freno; or che vincesti,
 i popoli dovranno
145più superbo soffrirlo e più tiranno.
 EZIO
 Io tal nol credo. Almeno
 la tirannide sua mi fu nascosa.
 Che pretende? Che vuol?
 MASSIMO
                                                 Vuol la tua sposa.
 EZIO
 La sposa mia! Massimo, Fulvia, e voi
150consentite a tradirmi?
 FULVIA
                                            Ahimè.
 MASSIMO
                                                            Qual arte?
 Qual consiglio adoprar? Vuoi che l'esponga,
 niegandola al suo trono,
 d'un tiranno al piacer? Vuoi che su l'orme
 di Virginio io rinovi
155per serbarla pudica
 l'esempio in lei della tragedia antica?
 Ah tu solo potresti
 franger i nostri ceppi,
 vendicar i tuoi torti. Arbitro sei
160del popolo e dell'armi; a Roma oppressa,
 all'amor tuo tradito
 dovresti una vendetta. Alfin tu sai
 che non si svena al cielo
 vittima più gradita
165d'un empio re.
 EZIO
                              Che dici mai! L'affanno
 vince la tua virtù. Giudice ingiusto
 delle cose è il dolor. Sono i monarchi
 arbitri della terra,
 di loro è il cielo. Ogn'altra via si tenti
170ma non l'infedeltade.
 MASSIMO
                                          Anima grande!
 al par del tuo valore
 ammiro la tua fé che più costante
 nelle offese diviene.
 (Cangiar favella e simular conviene).
 FULVIA
175Ezio così tranquillo
 la sua Fulvia abbandona ad altri in braccio?
 EZIO
 Tu sei pur d'ogni laccio
 disciolta ancora. Io parlerò, vedrai
 tutto cangiar d'aspetto.
 FULVIA
                                             Oh dio se parli
180temo per te.
 EZIO
                          L'imperator finora
 dunque non sa ch'io t'amo?
 MASSIMO
                                                     Il vostro amore
 per tema io gli celai.
 EZIO
                                        Questo è l'errore.
 Cesare non ha colpa; al nome mio
 avria cangiato affetto. Egli conosce
185quanto mi deve e sa ch'opra da saggio
 l'irritarmi non è.
 FULVIA
                                  Tanto ti fidi!
 Ezio mille timori
 mi turban l'alma. È troppo amante Augusto,
 troppo ardente tu sei. Rifletti oh dio,
190pria di parlar. Qualche funesto evento
 mi presagisce il cor. Nacqui infelice
 e sperar non mi lice
 che la sorte per me giammai si cangi.
 EZIO
 Son vincitor, sai che t'adoro e piangi?
 
195   Pensa a serbarmi o cara
 i dolci affetti tuoi;
 amami e lascia poi
 ogn'altra cura a me.
 
    Tu mi vuoi dir col pianto
200che resti in abbandono.
 No, così vil non sono
 e meco ingrato tanto
 no, Cesare non è.