Ezio, Venezia, Buonarigo, 1728

 SCENA V
 
 MASSIMO
 
 MASSIMO
 Che sventura è la mia! Così ripiena
285di malvaggi è la terra e quando poi
 un malvaggio vogl'io son tutti eroi.
 Un oltraggiato amore
 d'Ezio gli sdegni ad irritar non basta;
 la figlia mi contrasta; eh di riguardi
290tempo non è. Precipitare ormai
 il colpo converrà. Troppo parlai.
 Pria che sorga l'aurora
 mora Cesare, mora. Emilio il braccio
 mi presterà. Che può avvenirne? O cade
295Valentiniano estinto e pago io sono.
 O resta in vita; ed io farò che sembri
 Ezio il fellon. Facile impresa. Augusto
 invido alla sua gloria,
 rivale all'amor suo, senza opra mia
300il reo lo crederà. S'altro succede
 io saprò dagli eventi
 prender consiglio. Intanto
 il commettersi al caso
 nell'estremo periglio
305è il consiglio miglior d'ogni consiglio.
 
    Il nocchier che si figura
 ogni scoglio, ogni tempesta
 non si lagni se poi resta
 un mendico pescator.
 
310   Darsi in braccio ancor conviene
 qualche volta alla fortuna,
 che sovente in ciò che avviene
 la fortuna ha parte ancor.