Ezio, Venezia, Buonarigo, 1728

 SCENA X
 
 VALENTINIANO, MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Cesare, alla mia fede
 troppo ingrato sei tu, se ne sospetti.
 VALENTINIANO
 Ah che d'Onoria ai detti
1540dal mio sonno io mi desto.
 Massimo di scolparti il tempo è questo.
 Finché il reo non si trova
 il reo ti crederò.
 MASSIMO
                                Perché? Qual fallo?
 Sol perché Onoria il dice...
1545Che ingiustizia è la tua!...
 FULVIA
                                                 (Padre infelice).
 VALENTINIANO
 Giusto è il timor. Disse morendo Emilio
 che il traditor m'è caro,
 ch'io l'offesi in amor. Tutto conviene
 Massimo a te. Se tu innocente sei,
1550pensa a provarlo. Assicurarmi intanto
 di te vogl'io.
 FULVIA
                          (M'assisti o ciel).
 VALENTINIANO
                                                           Qual altro
 insidiar mi potea?
 Olà.
 FULVIA
            Barbaro ascolta. Io son la rea.
 Io commisi ad Emilio
1555la morte tua; quella son io che tanto
 cara ti fui per mia fatal sventura.
 Io perfido son quella
 che oltraggiasti in amor, quando ad Onoria
 offristi il mio consorte. Ah se nemici
1560non eran gli astri ai desideri miei,
 vendicata sarei,
 regnarebbe il mio sposo, il mondo e Roma
 non gemerebbe oppressa
 da un cor tiranno e da una destra imbelle.
1565O sognate speranze! O avverse stelle!
 MASSIMO
 (Ingegnosa pietade!)
 VALENTINIANO
                                         Io mi confondo.
 FULVIA
 (Il genitor si salvi e pera il mondo).
 VALENTINIANO
 Tradimento sì reo pensar potesti!
 Eseguirlo! Vantarlo!
 FULVIA
                                        Ezio innocente
1570morì per colpa mia; non vuo' che mora
 innocente per Fulvia il padre ancora.
 VALENTINIANO
 Massimo è fido almeno?
 MASSIMO
                                               Adesso Augusto
 colpevole son io. Se quella indegna
 tanto obliar la fedeltà poteo,
1575nell'error della figlia il padre è reo.
 Puniscimi, assicura
 i giorni tuoi col mio morir. Potrebbe
 il naturale affetto,
 che per la prole in ogni petto eccede,
1580del padre un dì contaminar la fede.
 VALENTINIANO
 A suo piacer la sorte
 di me disponga, io m'abbandono a lei.
 Son stanco di temer. Se tanto affanno
 la vita ha da costar, no, non la curo.
1585Nelle dubbiezze estreme
 per mancanza di speme io m'assicuro.
 
    Per tutto il timore
 perigli m'addita.
 Si perda la vita,
1590finisca il martire;
 è meglio morire
 che viver così.
 
    La vita mi spiace,
 se il fato nemico
1595la speme, la pace,
 l'amante, l'amico
 mi toglie in un dì.