Ezio, Venezia, Buonarigo, 1728

 SCENA XI
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Partì una volta. Io per te vivo o figlia,
 io respiro per te; con quanta forza
1600celai finor la tenerezza! Ah lascia
 mia speme, mio sostegno,
 cara difesa mia, che alfin t'abbracci.
 FULVIA
 Vanne padre crudel.
 MASSIMO
                                        Perché mi scacci?
 FULVIA
 Tutte le mie sventure
1605io riconosco in te. Basti ch'io seppi
 per salvarti accusarmi.
 Vanne, non rammentarmi
 quanto per te perdei,
 qual son io per tua colpa e qual tu sei.
 MASSIMO
1610E contrastar pretendi
 al grato genitor questo d'affetto
 testimonio verace?
 Vieni.
 FULVIA
               Ma per pietà lasciami in pace.
 Se grato esser mi vuoi, stringi quel ferro;
1615svenami, o genitor; questa mercede
 col pianto in su le ciglia
 al padre che salvò chiede una figlia.
 MASSIMO
 
    A quel pianto che versi dolente
 un affetto quest'anima sente,
1620una pena che mai non provò.
 
    Benché altrove mi chiami il destino,
 m'incamino e poi torno a mirarti;
 muovo il passo e lasciarti non so.