Ezio, Roma, Zempel e de Mey, 1729

 SCENA V
 
 MASSIMO solo
 
 MASSIMO
 Che sventura è la mia! Così ripiena
 di malvaggi è la terra e quando poi
 un malvaggio vogl'io, son tutti eroi.
 Un oltraggiato amore
285d'Ezio gli sdegni ad irritar non basta.
 La figlia mi contrasta; eh di riguardi
 tempo non è. Precipitare ormai
 il colpo converrà. Troppo parlai.
 Pria che sorga l'aurora
290mora Cesare, mora. Emilio il braccio
 mi prestarà. Che può avvenirne? O cade
 Valentiniano estinto; e pago io sono.
 O resta in vita; ed io farò che sembri
 Ezio il fellon. Facile impresa. Augusto
295invido alla sua gloria,
 rivale all'amor suo, senz'opra mia
 il reo lo crederà. S'altro succede
 io saprò dagli eventi
 prender consiglio. Intanto
300il commettersi al caso
 nell'estremo periglio
 è il consiglio miglior d'ogni consiglio.
 
    Il nocchier che si figura
 ogni scoglio, ogni tempesta
305non si lagni se poi resta
 un mendico pescator.
 
    Darsi in braccio ancor conviene
 qualche volta alla fortuna,
 che sovente in ciò che avviene
310la fortuna ha parte ancor. (Parte)