Ezio, Roma, Zempel e de Mey, 1729

 SCENA VIII
 
 VALENTINIANO e MASSIMO
 
 VALENTINIANO
 Ezio sappia ch'io bramo
380seco parlar, che qui l'attendo. Amico (Uscendo ad una comparsa che ricevuto l’ordine parte)
 comincia ad adombrarmi
 la gloria di costui; ciascun mi parla
 delle conquiste sue. Roma lo chiama
 il suo liberator; egli sé stesso
385troppo conosce. Assicurarmi io deggio
 della sua fedeltà. Voglio d'Onoria
 al talamo inalzarlo, acciò che sia
 suo premio il nodo e sicurezza mia.
 MASSIMO
 Veramente per lui giunge all'eccesso
390l'idolatria del volgo; ormai si scorda
 quasi del suo sovrano.
 E un suo cenno potria...
 Basta, credo che sia
 Ezio fedele e il dubitarne è vano.
395Se però tal non fosse, a me parrebbe
 mal sicuro riparo
 tanto inalzarlo.
 VALENTINIANO
                              Un sì gran dono ammorza
 l'ambizion d'un'alma.
 MASSIMO
                                           Anzi l'accende.
 Quando è vasto l'incendio è l'onda istessa
400alimento alla fiamma.
 VALENTINIANO
                                           E come io spero
 sicurezza miglior? Vuoi ch'io m'impegni
 su l'orme de' tiranni? E che io divenga
 all'odio universale oggetto e segno?
 MASSIMO
 La prima arte del regno
405è il soffrir l'odio altrui. Giova al regnante
 più l'odio che l'amor. Con chi l'offende
 ha più ragion d'esercitar l'impero.
 VALENTINIANO
 Massimo, non è vero.
 Chi fa troppo temersi
410teme l'altrui timor. Tutti gli estremi
 confinano fra loro. Un dì potrebbe
 il volgo contumace
 per soverchio timor rendersi audace.
 MASSIMO
 Signor meglio d'ogn'altro
415sai l'arte di regnare. Hanno i monarchi
 un lume ignoto a noi. Parlai finora
 per zelo sol del tuo riposo e volli
 rammentar che si deve
 ad un periglio opporsi infin ch'è lieve.
 
420   Se povero il ruscello
 mormora lento e basso
 un ramuscello, un sasso
 quasi arrestar lo fa.
 
    Ma se alle sponde poi
425gonfio d'umor sovrasta,
 argine oppor non basta
 e co' ripari suoi
 torbido al mar sen va. (Parte)