Ezio, Roma, Zempel e de Mey, 1729

 SCENA V
 
 FULVIA, poi EZIO
 
 FULVIA
 Che fo? Dove mi volgo? E qual delitto
775è il parlar e il tacer. Se parlo oh dio!
 son parricida e nel pensarlo io tremo.
 Se taccio, al giorno estremo
 giunge il mio bene. Ah che all'idea funesta
 s'agghiaccia il sangue e intorno al cor s'arresta.
780A qual consiglio mai...
 Ezio dove t'inoltri? Ove ten vai? (Vedendo Ezio)
 EZIO
 In difesa d'Augusto. Intesi...
 FULVIA
                                                      Ah fuggi.
 In te del tradimento
 cade il sospetto.
 EZIO
                                In me! Fulvia t'inganni.
785Ha troppe prove il Tebro
 della mia fedeltà. Chi seppe ogn'altro
 superar con l'imprese
 maggior d'ogni calunnia anche si rese.
 FULVIA
 Ma se Cesare istesso il reo ti chiama,
790s'io stessa l'ascoltai.
 EZIO
                                       Può dirlo Augusto
 ma crederlo non può; s'anche un momento
 giungesse a dubitarne, ove si volga
 vede la mia difesa; Italia, il mondo,
 la sua grandezza, il conservato impero
795rinfacciar gli saprà che non è vero.
 FULVIA
 So che la tua ruina
 vendicata saria; ma chi m'accerta
 d'una pronta difesa? Ah s'io ti perdo,
 la più crudel vendetta
800della perdita tua non mi consola.
 Fuggi se m'ami, al mio timor t'invola.
 EZIO
 Tu per soverchio affetto, ove non sono
 ti figuri i perigli.
 FULVIA
                                  E dove fondi
 questa tua sicurezza?
805Forse nel tuo valore? Ezio gli eroi
 son pur mortali e il numero gli opprime;
 forse nel merto? Ah che per questo o caro
 sventure io ti predico;
 il merto appunto è il tuo maggior nemico.
 EZIO
810La sicurezza mia Fulvia è riposta
 nel cor candido e puro
 che rimorsi non ha, nell'innocenza
 che paga è di sé stessa, in questa mano
 necessaria all'impero. Augusto alfine
815non è barbaro o stolto.
 E se perde un mio pari,
 conosce anche un tiranno
 qual dura impresa è ristorarne il danno.