Ezio, Roma, Zempel e de Mey, 1729

 SCENA X
 
 VALENTINIANO, MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Cesare alla mia fede
 troppo ingrato sei tu, se ne sospetti.
 VALENTINIANO
 Ah che d'Onoria ai detti
1565dal mio sonno io mi desto.
 Massimo di scolparti il tempo è questo.
 Finché il reo non si trova,
 il reo ti crederò.
 MASSIMO
                                Perché? Qual fallo?
 Sol perché Onoria il dice...
1570Che ingiustizia è la tua!...
 FULVIA
                                                 (Padre infelice!)
 VALENTINIANO
 Giusto è il timor. Disse morendo Emilio
 che il traditor m'è caro,
 che io l'offesi in amor; tutto conviene
 Massimo a te. Se tu innocente sei
1575pensa a provarlo; assicurarmi intanto
 di te vogl'io.
 FULVIA
                          (M'assisti il ciel).
 VALENTINIANO
                                                            Qual altro
 insidiar mi potea?
 Olà?
 FULVIA
             Barbaro ascolta; io son la rea.
 Io commisi ad Emilio
1580la morte tua, quella son io che tanto
 cara ti fui per mia fatal sventura.
 Io, perfido, son quella
 che oltraggiasti in amor, quando ad Onoria
 offristi il mio consorte. Ah se nemici
1585non eran gl'astri ai desideri miei
 vendicata sarei,
 regnarebbe il mio sposo, il mondo e Roma
 non gemerebbe oppressa
 da un cor tiranno e da una destra imbelle.
1590O sognate speranze! O avverse stelle!
 MASSIMO
 (Ingegnosa pietade!)
 VALENTINIANO
                                         Io mi confondo.
 FULVIA
 (Il genitor si salvi e pera il mondo).
 VALENTINIANO
 Tradimento sì reo pensar potesti?
 Eseguirlo! Vantarlo!
 FULVIA
                                        Ezio innocente
1595morì per colpa mia; non vuo' che mora
 innocente per Fulvia il padre ancora.
 VALENTINIANO
 Massimo è fido almeno?
 MASSIMO
                                               Adesso Augusto
 colpevole son io; se quell'indegna
 tanto obliar la fedeltà poteo,
1600nell'error della figlia il padre è reo.
 Puniscimi, assicura
 i giorni tuoi col mio morir. Potrebbe
 il naturale affetto,
 che per la prole in ogni petto eccede,
1605del padre un dì contaminar la fede.
 VALENTINIANO
 A suo piacer la sorte
 di me disponga, io m'abbandono a lei.
 Son stanco di temer. Se tanto affanno
 la vita ha da costar, no, non la curo.
1610Nelle dubbiezze estreme
 per mancanza di speme io m'assicuro.
 
    Per tutto il timore
 perigli m'addita.
 Si perda la vita,
1615finisca il martire.
 È meglio morire
 che viver così.
 
    La vita mi spiace,
 se il fato nemico
1620la speme, la pace,
 l'amante, l'amico
 mi toglie in un dì. (Parte)