Ezio, Roma, Zempel e de Mey, 1729

 SCENA XI
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Partì una volta. Io per te vivo o figlia,
 io respiro per te. Con quanta forza
1625celai finor la tenerezza! Ah lascia
 mia speme, mio sostegno,
 cara difesa mia, che alfin t'abbracci. (Vuole abbracciar Fulvia)
 FULVIA
 Vanne padre crudel.
 MASSIMO
                                        Perché mi scacci?
 FULVIA
 Tutte le mie sventure
1630io riconosco in te. Basta ch'io seppi
 per salvarti accusarmi.
 Vanne, non rammentarmi
 quanto per te perdei,
 qual son io per tua colpa e qual tu sei.
 MASSIMO
1635E contrastar pretendi
 al grato genitor questo d'affetto
 testimonio verace?
 Vieni... (Come sopra)
 FULVIA
                  Ma per pietà lasciami in pace.
 Se grato essermi vuoi, stringi quel ferro,
1640svenami, o genitor. Questa mercede
 col pianto in su le ciglia
 al padre che salvò chiede una figlia.
 MASSIMO
 
    Tergi l'ingiuste lagrime,
 dilegua il tuo martiro,
1645che s'io per te respiro,
 tu regnerai per me.
 
    Di raddolcirti io spero
 questo penoso affanno
 col dono d'un impero,
1650col sangue d'un tiranno
 che delle nostre ingiurie
 punito ancor non è. (Parte)