Ezio, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA IV
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 FULVIA
200È tempo, o genitore,
 che uno sfogo conceda al mio rispetto.
 Tu pria d'Ezio all'affetto
 prometti la mia destra; indi m'imponi
 ch'io soffra, ch'io lusinghi
205di Cesare l'amore e m'assicuri
 che di lui non sarò. Servo al tuo cenno;
 credo alla tua promessa; e quando spero
 d'Ezio stringer la mano,
 ti sento dir che lo sperarlo è vano.
 MASSIMO
210Io d'ingannarti, o figlia,
 mai non ebbi il pensier. T'accheta; alfine
 non è il peggior de' mali
 il talamo d'Augusto.
 FULVIA
                                       E soffrirai
 ch'abbia sposa la figlia
215chi della tua consorte
 insultò l'onestà? Così ti scordi
 l'offese dell'onor? Così t'abbagli
 del trono allo splendor?
 MASSIMO
                                             Vieni al mio seno,
 degna parte di me. Quell'odio illustre
220merita ch'io ti scopra
 ciò che dovrei celar. Sappi che ad arte
 dell'onor mio dissimulai l'offese.
 Perde l'odio palese
 il luogo alla vendetta. Ora è vicina;
225eseguirla dobbiam. Sposa al tiranno,
 tu puoi svenarlo o almeno
 agio puoi darmi a trapassargli il seno.
 FULVIA
 Che sento! E con qual fronte
 posso a Cesare offrirmi
230coll'idea di tradirlo? Il reo disegno
 mi leggerebbe in faccia. a' gran delitti
 è compagno il timor. L'alma ripiena
 tutta della sua colpa
 teme sé stessa. È qualche volta il reo
235felice sì, non mai sicuro. E poi
 vindice di sua morte
 il popolo saria.
 MASSIMO
                              L'odia ciascuno;
 vano è il timor.
 FULVIA
                               T'inganni; il volgo insano
 quel tiranno talora,
240che vivente abborrisce, estinto adora.
 MASSIMO
 Tu l'odio mi rammenti e poi dimostri
 quell'istessa freddezza
 che disapprovi in me!
 FULVIA
                                           Signor, perdona
 se libera ti parlo. Un tradimento
245io non consiglio allora
 che una viltà condanno.
 MASSIMO
                                              Io ti credea,
 Fulvia, più saggia e men soggetta a questi
 di colpa e di virtù lacci servili,
 utili all'alme vili,
250inutili alle grandi.
 FULVIA
                                    Ah non son questi
 que' semi di virtù che in me versasti
 da' miei primi vagiti infino ad ora.
 M'inganni adesso o m'ingannasti allora?
 MASSIMO
 Ogni diversa etade
255vuol massime diverse; altro a' fanciulli,
 altro agli adulti è d'insegnar permesso;
 allora io t'ingannai.
 FULVIA
                                      M'inganni adesso.
 Che l'odio della colpa,
 che l'amor di virtù nasce con noi,
260che da' principi suoi
 l'alma ha l'idea di ciò che nuoce o giova,
 mel dicesti, io lo sento, ognun lo prova.
 E se vuoi dirmi il ver, tu stesso, o padre,
 quando togliermi tenti
265l'orror d'un tradimento, orror ne senti.
 Ah se cara io ti sono,
 pensa alla gloria tua, pensa che vai...
 MASSIMO
 Taci, importuna, io t'ho sofferta assai.
 Non dar consigli o consigliar se brami,
270le tue pari consiglia.
 Rammenta ch'io son padre e tu sei figlia.
 FULVIA
 
    Caro padre, a me non dei
 rammentar che padre sei;
 io lo so; ma in questi accenti
275non ritrovo il genitor.
 
    Non son io chi ti consiglia;
 è il rispetto d'un regnante,
 è l'affetto d'una figlia,
 è il rimorso del tuo cor. (Parte)