Ezio, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA VIII
 
 VALENTINIANO e MASSIMO
 
 VALENTINIANO
 Ezio sappia ch'io bramo
 seco parlar, che qui l'attendo. (Ad una comparsa che ricevuto l’ordine parte) Amico,
380comincia ad adombrarmi
 la gloria di costui; ciascun mi parla
 delle conquiste sue; Roma lo chiama
 il suo liberator; egli sé stesso
 troppo conosce. Assicurarmi io deggio
385della sua fedeltà. Voglio d'Onoria
 al talamo inalzarlo, acciò che sia
 suo premio il nodo e sicurezza mia.
 MASSIMO
 Veramente per lui giunge all'eccesso
 l'idolatria del volgo; omai si scorda
390quasi del suo sovrano.
 E un suo cenno potria...
 Basta, credo che sia
 Ezio fedele; e 'l dubitarne è vano.
 Se però tal non fosse, a me parrebbe
395mal sicuro riparo
 tanto inalzarlo.
 VALENTINIANO
                              Un sì gran dono ammorza
 l'ambizion d'un'alma.
 MASSIMO
                                           Anzi l'accende.
 Quando è vasto l'incendio, è l'onda istessa
 alimento alla fiamma.
 VALENTINIANO
                                           E come io spero
400sicurezza miglior? Vuoi ch'io m'impegni
 su l'orme de' tiranni, e ch'io divenga
 all'odio universale oggetto e segno?
 MASSIMO
 La prima arte del regno
 è il soffrir l'odio altrui. Giova al regnante
405più l'odio che l'amor. Con chi l'offende
 ha più ragion d'esercitar l'impero.
 VALENTINIANO
 Massimo, non è vero.
 Chi fa troppo temersi
 teme l'altrui timor. Tutti gli estremi
410confinano fra loro. Un dì potrebbe
 il volgo contumace
 per soverchio timor rendersi audace.
 MASSIMO
 Signor, meglio d'ogni altro
 sai l'arte di regnare. Hanno i monarchi
415un lume ignoto a noi. Parlai finora
 per zelo sol del tuo riposo; e volli
 rammentar che si deve
 ad un periglio opporsi infin ch'è lieve.
 
    Se povero il ruscello
420mormora lento e basso,
 un ramoscello, un sasso
 quasi arrestar lo fa.
 
    Ma se alle sponde poi
 gonfio d'umor sovrasta,
425argine oppor non basta;
 e co' ripari suoi
 torbido al mar sen va. (Parte)