Ezio, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA XI
 
 ONORIA e detti
 
 ONORIA
550Ezio, gli obblighi miei
 sono immensi con te. Volle il germano
 avvilir la mia mano
 sino alla tua; ma tu però più giusto
 d'esserne indegno hai persuaso Augusto.
 EZIO
555No, l'obbligo d'Onoria
 questo non è. L'obbligo grande è quello
 ch'io fui cagion nel conservarle il soglio
 ch'or mi possa parlar con questo orgoglio.
 ONORIA
 È ver, ti deggio assai, perciò mi spiace
560che ad onta mia mi rendano le stelle
 al tuo amore infelice
 di funeste novelle apportatrice.
 Fulvia, ti vuol sua sposa (A Fulvia)
 Cesare al nuovo dì.
 FULVIA
                                      Come?
 EZIO
                                                      Che sento!
 ONORIA
565Di recartene il cenno
 egl'istesso or m'impose. Ezio, dovresti
 consolartene alfin; veder soggetto
 tutto il mondo al suo ben pure è diletto.
 EZIO
 Ah questo è troppo. A troppo gran cimento
570d'Ezio la fedeltà Cesare espone.
 Qual dritto, qual ragione
 ha sugli affetti miei? Fulvia rapirmi?
 Disprezzarmi così? Forse pretende
 ch'io lo sopporti? O pure
575vuol che Roma si faccia
 di tragedie per lui scena funesta?
 ONORIA
 Ezio minaccia e la sua fede è questa?
 EZIO
 
    Se fedele mi brama il regnante,
 non offenda quest'anima amante
580nella parte più viva del cor.
 
    Non si lagni se in tanta sventura
 un vassallo non serba misura,
 se il rispetto diventa furor. (Parte)