Didone abbandonata, Madrid, Mojados, 1752

 SCENA VIII
 
  Reggia con veduta della città di Cartagine in prospetto che poi s’incendia.
 
 DIDONE, poi OSMIDA
 
 DIDONE
 
    Va crescendo il mio tormento,
 io lo sento e non l'intendo;
 giusti dei, che mai sarà!
 
 OSMIDA
1140Deh regina pietà.
 DIDONE
                                   Che rechi amico?
 OSMIDA
 Ah no, così bel nome
 non merta un traditore,
 d'Enea, di te nemico e del tuo amore.
 DIDONE
 Come!
 OSMIDA
                Con la speranza
1145di posseder Cartago,
 m'offersi a Iarba; ei m'accettò; si valse
 finor di me; poi per mercé volea
 l'empio svenarmi e mi difese Enea.
 DIDONE
 Reo di tanto delitto hai fronte ancora
1150di presentarti a me?
 OSMIDA
                                        Sì mia regina. (S’inginocchia)
 Tu vedi un infelice
 che non spera il perdono e nol desia;
 chiedo a te per pietà la pena mia.
 DIDONE
 Sorgi; quante sventure!
1155Misera me! Sotto qual astro io nacqui?
 Manca ne' miei più fidi...