Ezio, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA X
 
 VALENTINIANO, MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Cesare, alla mia fede
 troppo ingrato sei tu, se ne sospetti.
 VALENTINIANO
 Ah che d'Onoria ai detti
 dal mio sonno io mi desto.
1565Massimo, di scolparti il tempo è questo.
 Finché il reo non si trova,
 il reo ti crederò.
 MASSIMO
                                Perché? Qual fallo?
 Sol perché Onoria il dice...
 Che ingiustizia è la tua...
 FULVIA
                                                (Padre infelice!)
 VALENTINIANO
1570Giusto è il timor. Disse morendo Emilio
 che 'l traditor m'è caro,
 che io l'offesi in amor; tutto conviene,
 Massimo, a te. Se tu innocente sei,
 pensa a provarlo; assicurarmi intanto
1575di te vogl'io.
 FULVIA
                          (M'assista il ciel).
 VALENTINIANO
                                                            Qual altro
 insidiar mi potea?
 Olà.
 FULVIA
            Barbaro, ascolta; io son la rea.
 Io commisi ad Emilio
 la morte tua; quella son io che tanto
1580cara ti fui per mia fatal sventura.
 Io, perfido, son quella
 che oltraggiasti in amor, quando ad Onoria
 offristi il mio consorte. Ah se nemici
 non eran gli astri a' desideri miei,
1585vendicata sarei,
 regnerebbe il mio sposo, il mondo e Roma
 non gemerebbe oppressa
 da un cor tiranno e da una destra imbelle.
 Oh sognate speranze! Oh avverse stelle!
 MASSIMO
1590(Ingegnosa pietade!)
 VALENTINIANO
                                         Io mi confondo.
 FULVIA
 (Il genitor si salvi e pera il mondo).
 VALENTINIANO
 Tradimento sì reo pensar potesti?
 Eseguirlo, vantarlo?
 FULVIA
                                       Ezio innocente
 morì per colpa mia; non vuo' che mora
1595innocente per Fulvia il padre ancora.
 VALENTINIANO
 Massimo è fido almeno.
 MASSIMO
                                              Adesso, Augusto,
 colpevole son io; se quell'indegna
 tanto obliar la fedeltà poteo,
 nell'error della figlia il padre è reo.
1600Puniscimi, assicura
 i giorni tuoi col mio morir. Potrebbe
 il naturale affetto,
 che per la prole in ogni petto eccede,
 del padre un dì contaminar la fede.
 VALENTINIANO
1605A suo piacer la sorte
 di me disponga, io m'abbandono a lei.
 Son stanco di temer. Se tanto affanno
 la vita ha da costar, no, non la curo.
 Nelle dubbiezze estreme
1610per mancanza di speme io m'assicuro.
 
    Per tutto il timore
 perigli m'addita.
 Si perda la vita,
 finisca il martire;
1615è meglio morire
 che viver così.
 
    La vita mi spiace,
 se 'l fato nemico
 la speme, la pace,
1620l'amante, l'amico
 mi toglie in un dì. (Parte)