Ezio, Parigi, Quillau, 1755

 SCENA XI
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 MASSIMO
 Partì una volta. Io per te vivo, o figlia,
 io respiro per te. Con quanta forza
 celai finor la tenerezza? Ah lascia,
1625mia speme, mio sostegno,
 cara difesa mia, che alfin t'abbracci. (Vuole abbracciar Fulvia)
 FULVIA
 Vanne, padre crudel.
 MASSIMO
                                         Perché mi scacci?
 FULVIA
 Tutte le mie sventure
 io riconosco in te. Basta ch'io seppi,
1630per salvarti, accusarmi.
 Vanne, non rammentarmi
 quanto per te perdei,
 qual son io per tua colpa e qual tu sei.
 MASSIMO
 E contrastar pretendi
1635al grato genitor questo d'affetto
 testimonio verace?
 Vieni... (Vuole abbracciarla)
 FULVIA
                  Ma per pietà lasciami in pace.
 Se grato esser mi vuoi, stringi quel ferro,
 svenami, o genitor. Questa mercede
1640col pianto in su le ciglia
 al padre che salvò chiede una figlia.
 MASSIMO
 
    Tergi l'ingiuste lagrime,
 dilegua il tuo martiro,
 che s'io per te respiro,
1645tu regnerai per me.
 
    Di raddolcirti io spero
 questo penoso affanno
 col dono d'un impero,
 col sangue d'un tiranno
1650che delle nostre ingiurie
 punito ancor non è. (Parte)