Ezio, Torino, Reale, 1757

 SCENA V
 
 MASSIMO solo
 
 MASSIMO
 Che sventura è la mia! Così ripiena
 di malvagi è la terra, e quando poi
 un malvagio vogl'io, son tutti eroi.
 Un oltraggiato amore
285d'Ezio gli sdegni ad irritar non basta.
 La figlia mi contrasta. Eh di riguardi
 tempo non è. Precipitare omai
 il colpo converrà. Troppo parlai.
 Pria che sorga l'aurora,
290mora Cesare, mora. Emilio il braccio
 mi presterà. Che può avvenirne? O cade
 Valentiniano estinto; e pago io sono;
 o resta in vita; ed io farò che sembri
 Ezio il fellon. Facile impresa. Augusto
295invido alla sua gloria,
 rivale all'amor suo, senz'opra mia
 il reo lo crederà. S'altro succede,
 io saprò dagli eventi
 prender consiglio. Intanto
300il commettersi al caso
 nell'estremo periglio
 è il consiglio miglior d'ogni consiglio.
 
    Il nocchier, che si figura
 ogni scoglio, ogni tempesta,
305non si lagni se poi resta
 un mendico pescator.
 
    Darsi in braccio ancor conviene
 qualche volta alla fortuna,
 che sovente in ciò ch'avviene
310la fortuna ha parte ancor. (Parte)