La Didone abbandonata, Venezia, Bettinelli, 1733

 SCENA PRIMA
 
  Luogo magnifico destinato per le pubbliche udienze con trono da un lato. Veduta in prospetto della città di Cartagine che sta in atto edificandosi.
 
 ENEA, SELENE, OSMIDA
 
 ENEA
 No principessa, amico,
 sdegno non è, non è timor che muove
 le frigie vele e mi trasporta altrove.
 So che m'ama Didone,
5purtroppo il so, né di sua fé pavento;
 l'adoro e mi rammento
 quanto fece per me; non sono ingrato.
 Ma ch'io di nuovo esponga
 all'arbitrio dell'onde i giorni miei
10mi prescrive il destin, voglion gli dei.
 E son sì sventurato
 che sembra colpa mia quella del fato.
 SELENE
 Se cerchi al lungo error riposo e nido,
 te l'offre in questo lido
15la germana, il tuo merto e il nostro zelo.
 ENEA
 Riposo ancor non mi concede il cielo.
 SELENE
 Perché?
 OSMIDA
                  Con qual favella
 il lor voler ti palesaro i numi?
 ENEA
 Osmida, a questi lumi
20non porta il sonno mai suo dolce obblio
 che il rigido sembiante
 del genitor non mi dipinga innante.
 «Figlio» ei dice e l'ascolto «ingrato figlio,
 quest'è d'Italia il regno
25che acquistar ti commise Apollo ed io?
 L'Asia infelice aspetta
 che in un altro terreno
 opra del tuo valor Troia rinasca.
 Tu 'l promettesti. Io nel momento estremo
30del viver mio la tua promessa intesi,
 allor che ti piegasti
 a baciar questa destra e mel giurasti.
 E tu fra tanto ingrato
 alla patria, a te stesso, al genitore
35qui nell'ozio ti perdi e nell'amore?
 Sorgi, de' legni tuoi
 tronca il canape reo, sciogli le sarte».
 Mi guarda poi con torvo ciglio e parte.
 SELENE
 Gelo d'orror. (Dal fondo della scena comparisce Didone con seguito)
 OSMIDA
                            (Quasi felice io sono;
40se parte Enea manca un rivale al trono).
 SELENE
 Se abbandoni il tuo bene
 morrà Didone (e non vivrà Selene).
 OSMIDA
 La reina s'appressa.
 ENEA
 (Che mai dirò?)
 SELENE
                                 (Non posso
45scoprire il mio tormento).
 ENEA
 (Difenditi mio core, ecco il cimento).