Semiramide riconosciuta, Madrid, Mojados, 1753

 SCENA II
 
 SEMIRAMIDE, TAMIRI, MIRTEO e SCITALCE, preceduti da’ ballarini, seguiti da’ paggi, cavalieri, e detti
 
 SEMIRAMIDE
                      Ecco, o Tamiri,
 dove gli altrui sospiri
 attendono da te premio e mercede.
 (Io tremo e fingo).
 TAMIRI
                                     Ogni misura eccede
460la real pompa.
 MIRTEO
                             E nella reggia assira
 non s'introdusse mai
 con più fasto il piacere.
 SEMIRAMIDE
                                             Al nuovo sposo (Verso Scitalce)
 io preparai la fortunata stanza,
 pegno dell'amor mio.
 SCITALCE
                                          (Finge costanza).
465Ah se quello foss'io,
 chi più di me saria felice?
 SEMIRAMIDE
                                                  (Ingrato!)
 IRCANO
 Come mai del tuo fato (A Scitalce)
 puoi dubitar? Saggia è Tamiri e vede
 che il più degno tu sei.
 MIRTEO
                                            Che ascolto! Ircano,
470chi mai ti rese umano?
 Dov'è il tuo foco e l'impeto natio?
 IRCANO
 Comincio amico ad erudirmi anch'io.
 TAMIRI
 Così mi piaci.
 MIRTEO
                             È molto.
 SCITALCE
                                               Io non intendo
 se da senno o per gioco
475parla così. (A Semiramide e a Tamiri)
 IRCANO
                       (M'intenderai fra poco).
 SEMIRAMIDE
 Più non si tardi. Ogniuno
 la mensa onori e intanto
 misto risuoni a liete danze il canto. (Dopo seduta nel mezzo Semiramide, siedono alla destra di lei Tamiri e poi Scitalce. Alla sinistra Mirteo, poi Ircano. Sibari in piedi appresso Ircano. Intanto sinfonia, coro e ballo)
 CORO
 
    Il piacer, la gioia scenda
480fidi sposi al vostro cor.
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Fredda cura, atro sospetto
 non vi turbi e non v'offenda
485e d'intorno al regio letto
 con purissimo splendor...
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Sorga poi prole felice
490che ne' pregi egual si renda
 alla bella genitrice,
 all'invitto genitor.
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
 la sua face accenda Amor.
 
 PARTE DEL CORO
 
495   E se fia che amico nume
 lunga età non vi contenda,
 a scaldar le fredde piume,
 a destarne il primo ardor...
 
 CORO
 
    Imeneo la face accenda,
500la sua face accenda Amor.
 
 SEMIRAMIDE
 In lucido cristallo aureo liquore,
 Sibari, a me si rechi.
 SIBARI
                                         (Ardir mio core). (Va a prender la tazza e si veda dagli spettatori che vi pone destramente il veleno)
 IRCANO
 (Il colpo è già vicino).
 SEMIRAMIDE
                                          Oh dio! S'appressa
 il momento funesto.
 TAMIRI
505Che gioia!
 SCITALCE
                      Che sarà?
 MIRTEO
                                           Che punto è questo!
 SIBARI
 Compito è il cenno. (Posa la sottocoppa con la tazza avanti a Semiramide. E va a lato d’Ircano)
 SEMIRAMIDE
                                       Or prendi,
 Tamiri, e scegli. Il sospirato dono (Dà la tazza a Tamiri)
 presenta a chi ti piace
 e goda quegli il grande acquisto in pace.
 TAMIRI
510Il dubbio, o prenci, in cui finor m'involse
 l'eguaglianza de' merti,
 discioglie il genio e non offende alcuno,
 se al talamo ed al trono
 l'uno o l'altro solleva.
515Ecco lo sposo e il re; Scitalce beva. (Posa la tazza avanti Scitalce)
 SEMIRAMIDE
 (Io lo previdi).
 MIRTEO
                              Oh sorte!
 SCITALCE
 (Ah quale impegno!)
 SIBARI
                                         (Or s'avvicina a morte).
 IRCANO
 Via Scitalce, che tardi? Il re tu sei.
 SCITALCE
 (E deggio in faccia a lei
520annodarmi a Tamiri?)
 TAMIRI
 Egli è dubbioso ancora. (A Semiramide)
 SEMIRAMIDE
 Alfin risolvi.
 SCITALCE
                          E Nino
 lo comanda a Scitalce?
 SEMIRAMIDE
                                            Io non comando,
 fa' il tuo dover.
 SCITALCE
                               Sì, lo farò. (L'ingrata
525si punisca così). D'ogn'altro amore
 mi scordo in questo punto... Ah non ho core. (Volendo bere e poi s’arresta)
 Porgi a più degno oggetto
 il dono, o principessa, io non l'accetto. (Posa la tazza)
 TAMIRI
 Come!
 SIBARI
                (Oh sventura!)
 IRCANO
                                              E lei ricusi allora
530che al regno ti destina? (A Scitalce)
 Non s'offende in tal guisa una regina.
 SEMIRAMIDE
 Qual cura hai tu, se accetta (Ad Ircano)
 o se rifiuta il dono?
 MIRTEO
 Lascialo in pace.
 IRCANO
                                 Io sono (A Semiramide)
535difensor di Tamiri. E tu non devi (A Scitalce)
 la tazza ricusar, prendila e bevi.
 TAMIRI
 Principe, invan ti sdegni, ei col rifiuto
 non me, sé stesso offende
 e al demerito suo giustizia rende.
 IRCANO
540No no, voglio ch'ei beva.
 TAMIRI
                                               Eh taci. Intanto
 per degno premio al tuo cortese ardire
 l'offerta di mia mano
 ricevi tu con più giustizia, Ircano. (Prende la tazza in atto di darla a Ircano)
 IRCANO
 Io?
 TAMIRI
          Sì, con questo dono
545te destino al mio trono, all'amor mio.
 IRCANO
 Sibari, che farò? (Piano a Sibari)
 SIBARI
                                  (Mi perdo anch'io). (Piano ad Ircano)
 TAMIRI
 Perché taci così? Forse tu ancora
 vuoi ricusarmi?
 IRCANO
                                No, non ti ricuso.
 T'amo... Vorrei... Ma cara!... (Io son confuso).
 SEMIRAMIDE
550Principe tu non devi
 un momento pensar, prendila e bevi.
 Troppo il rispetto offendi
 a Tamiri dovuto.
 MIRTEO
 Ma parla.
 TAMIRI
                     Ma risolvi.
 IRCANO
                                           Ho risoluto. (S’alza e prende la tazza)
555Vada la tazza a terra. (Getta la tazza)
 SCITALCE
 E qual furore insano...
 IRCANO
 Così riceve un tuo rifiuto Ircano.
 TAMIRI
 Dunque ridotta io sono
 a mendicar chi le mie nozze accetti?
560Dunque per oltraggiarmi
 in Assiria veniste? Il mio sembiante
 è deforme a tal segno
 che a farlo tollerar non basta un regno?
 SEMIRAMIDE
 È giusta l'ira tua.
 MIRTEO
                                  Dell'amor mio
565dovresti, o principessa...
 TAMIRI
                                               Alcun d'amore
 più non mi parli. Io sono offesa e voglio
 punito l'offensor. Scitalce mora.
 Ei col primo rifiuto
 il mio dono avvilì. Chi sua mi brama
570a lui trafigga il petto,
 venga tinto di sangue ed io l'accetto.
 
    Tu mi disprezzi, ingrato, (A Scitalce)
 ma non andarne altero;
 trema d'aver mirato,
575superbo, il mio rossor.
 
    Chi vuol di me l'impero
 passi quel core indegno.
 Voglio che sia lo sdegno
 foriero del mio amor. (Parte)