La Semiramide riconosciuta, Venezia, Bettinelli, 1733

 SCENA V
 
 TAMIRI, MIRTEO, IRCANO
 
 TAMIRI
 Più che ad ogni altro spiace
 la dimora a Scitalce, ei pensa e tace.
 IRCANO
 Non curar di quel folle
 il silenzio, i pensieri.
220Godi di tua ventura
 che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
 Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
 MIRTEO
 Che fai, non ti rammenti
 il comando reale?
 IRCANO
                                   E il re qual dritto
225ha di fraporre ai miei cortesi affetti
 o limiti o dimore?
 TAMIRI
 Ma tu conosci amor? Dicesti, Ircano,
 che tutto il tuo piacere
 è domar combattendo uomini e fere.
 IRCANO
230È ver, ma il tuo sembiante
 non mi spiace però; godo in mirarti
 e curioso il guardo
 più dell'usato intorno a te s'arresta.
 TAMIRI
 Gran sorte inver del mio sembiante è questa.
 
235   Che quel cor, quel ciglio altero
 senta amor, goda in mirarmi
 non lo credo, non lo spero.
 Tu vuoi farmi insuperbir.
 
    O pretendi allor che torni
240ai selvaggi tuoi soggiorni
 rammentar così per gioco
 l'amoroso mio martir. (Parte)