Semiramide, Parigi, Quillau, 1755, I

 SCENA V
 
 TAMIRI, MIRTEO ed IRCANO
 
 TAMIRI
215Più che ad ogni altro spiace
 la dimora a Scitalce; ei pensa e tace.
 IRCANO
 Non curar di quel folle
 il silenzio, i pensieri.
 Godi di tua ventura
220che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
 Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
 MIRTEO
 Che fai? Non ti rammenti
 il comando reale?
 IRCANO
                                   E il re qual dritto
 ha di fraporre a' miei cortesi affetti
225o limiti o dimore?
 TAMIRI
 Ma tu conosci amor? Dicesti, Ircano,
 che tutto il tuo piacere
 è domar combattendo uomini e fere.
 IRCANO
 È ver, ma il tuo sembiante
230non mi spiace però; godo in mirarti
 e curioso il guardo
 più dell'usato intorno a te s'arresta.
 TAMIRI
 Gran sorte inver del mio sembiante è questa!
 
    Che quel cor, quel ciglio altero
235senta amor, goda in mirarmi
 non lo credo, non lo spero;
 tu vuoi farmi insuperbir.
 
    O pretendi allor che torni
 ai selvaggi tuoi soggiorni
240rammentar così per gioco
 l'amoroso mio martir. (Parte)