Semiramide, Torino, Reale, 1757, I

 SCENA VIII
 
 IRCANO, poi TAMIRI, indi MIRTEO
 
 IRCANO
 Oh qual rossore avranno,
 se m'arride il destino,
 e Scitalce e Mirteo, Tamiri e Nino!
 TAMIRI
 Che si fa? Che si pensa? Ancor non turba
970il valoroso Ircano
 né pur con la minaccia i sonni al reo?
 IRCANO
 Hai difensor più degno; ecco Mirteo.
 TAMIRI
 Prence, che rechi? È vinto (A Mirteo)
 Scitalce ancor?
 MIRTEO
                              Si vincerà, se basta
975esporre a tua difesa il sangue mio.
 TAMIRI
 Il tuo pronto desio
 avrà premio da me.
 IRCANO
                                       Degno d'affetto
 veramente è Mirteo; rozzo in amore
 non è come son io, ne sa gli arcani.
980È sprezzato e nol cura;
 è offeso e non s'adira;
 con legge e con misura
 or piange ed or sospira;
 e pure alla sua fede
985un'ombra di speranza è gran mercede.
 MIRTEO
 Nol niego.
 TAMIRI
                      Al nuovo giorno
 sarà forse mio sposo; ei non invano
 a mio favor s'affanna.
 IRCANO
 Fortunato Mirteo! (Quanto s'inganna!)
 
990   Tu sei lieto, io vivo in pene;
 ma se nacqui sventurato,
 che farò? Soffrir conviene
 del destin la crudeltà.
 
    Voi godete; io del mio fato
995vado a piangere il rigore.
 Così tutta al vostro amore
 lascierò la libertà. (Parte)