Semiramide, Torino, Reale, 1757, I

 SCENA III
 
 MIRTEO con ispada nuda e detti
 
 MIRTEO
 Traditori, al mio sdegno (Di dentro)
 non potrete involarvi. (Esce Mirteo inseguendo alcuni sciti che si ritirano alle navi e dopo lui escono gli assiri. Tutti con armi)
 SIBARI
                                           Aita, o prence,
 a difender Tamiri (Sibari, veduto Mirteo, lascia l’attacco)
1230non basto incontro a lui.
 MIRTEO
                                               Barbaro scita,
 fra voi con le rapine
 si contrastan gli amori?
 IRCANO
                                              A tuo dispetto
 la sposa avrò.
 MIRTEO
                            L'avrai! Correte, assiri;
 distrugga il ferro, il fuoco
1235e le navi e i guerrieri.
 IRCANO
 Ti svenerò, superbo.
 MIRTEO
                                        Invan lo speri. (Ircano, Mirteo, Sibari si dividono combattendo; gli sciti balzano dalle navi e siegue incendio delle dette con zuffa fra gli sciti e gli assiri, la quale terminata colla fuga de’ primi, escono di nuovo combattendo Ircano e Mirteo e resta Ircano perditore)
 Cedi il ferro o t'uccido.
 IRCANO
                                            A me l'acciaro
 non toglierai, se non rimango estinto.
 MIRTEO
 No no; vivrai ma disarmato e vinto. (Mirteo disarma Ircano e getta la spada)
 IRCANO
1240Crudel destino!
 MIRTEO
                                Assiri,
 al re lo scita altero
 prigionier conducete.
 IRCANO
                                          Io prigioniero!
 MIRTEO
 Sì; fremi, traditor.
 IRCANO
                                     Di mie sventure
 sarà prezzo il tuo sangue.
 MIRTEO
                                                Eh di minacce
1245tempo non è; grazia e pietade implora.
 IRCANO
 Grazia e pietà! Farò tremarvi ancora.
 Scoglio avvezzo agli oltraggi
 e del ciel e del mar giammai non cede.
 Impazienti al piede
1250gli fremon le tempeste,
 i folgori sul capo, i venti intorno;
 e pur di tutti a scorno
 in mezzo a' nembi procellosi e neri
 fa da lunge tremar navi e nocchieri.
 
1255   Il ciel mi vuole oppresso
 ma su le mie ruine
 il vincitore istesso
 impallidir farò.
 
    E se l'ingiusto fato
1260vorrà ch'io cada alfine,
 cadrò ma vendicato,
 ma solo non cadrò. (Parte)